Bene, siamo esattamente a metà della seconda stagione e True Detective si riconferma ampiamente la serie della (mia) vita.
Questa puntata di mezzo, Down Will Come, descrive il crollo- essenzialmente psicologico -di almeno tre quarti dei protagonisti della serie. Per prima cosa, esplode il caso Woodrugh, che nell'arco di poco tempo è passato dall'essere il poliziotto-motociclista-scopatore all'apparire come l'ennesimo soldatino tormentato dai rimorsi, segretamente bisessuale e braccato dai giornalisti avidi di ottenere informazioni sui suoi crimini di guerra.
La frustrazione inizia a farsi spazio anche nella vita di Frank: sua moglie Jordan (personaggio della cui magnificenza non si è forse parlato a sufficienza) è palesemente stufa di test, medici e sterilità. Ma anche i suoi ex-sottomessi iniziano a guardare con un certo astio a questa sua urgenza di ritornare nel "giro". Eppure nulla sembra dissuaderlo e il fantasma della povertà è giusto dietro l'angolo.
Tuttavia, Down Will Come passa alla storia anche solo per risultare il primo momento in cui il personaggio di Ani viene messo in ginocchio: incastrata da superiori potenti e consapevoli della sua debolezza per il gioco e a rischio licenziamento per colpa di un ex-amante ottuso e caro alle alte sfere del PD (qua inteso come Police Department e non come Partito Democratico), finisce col rivolgersi alla sorella (nel dialogo più bello della puntata) e al padre (bel personaggio, anche se un po'troppo tendente a superare il livello di credibilità delle coincidenze di un serial).
Rimane Velcoro, protagonista di un intenso abbraccio a bordo piscina col piccolo Chad e di una risalita dall'inferno dell'alcool che pare costargli non poca fatica.
Jeremy Podeswa (canadese che si segnalò a fine anni novanta con I cinque sensi per poi passare al piccolo schermo) firma una regia essenziale e piuttosto priva di invenzioni e virtuosismi, e ciò nonostante regala una sparatoria di quasi minuti come al cinema non se ne vedono. Tanto per ribadire la superiorità di True Detective 2.
Questa puntata di mezzo, Down Will Come, descrive il crollo- essenzialmente psicologico -di almeno tre quarti dei protagonisti della serie. Per prima cosa, esplode il caso Woodrugh, che nell'arco di poco tempo è passato dall'essere il poliziotto-motociclista-scopatore all'apparire come l'ennesimo soldatino tormentato dai rimorsi, segretamente bisessuale e braccato dai giornalisti avidi di ottenere informazioni sui suoi crimini di guerra.
La frustrazione inizia a farsi spazio anche nella vita di Frank: sua moglie Jordan (personaggio della cui magnificenza non si è forse parlato a sufficienza) è palesemente stufa di test, medici e sterilità. Ma anche i suoi ex-sottomessi iniziano a guardare con un certo astio a questa sua urgenza di ritornare nel "giro". Eppure nulla sembra dissuaderlo e il fantasma della povertà è giusto dietro l'angolo.
Tuttavia, Down Will Come passa alla storia anche solo per risultare il primo momento in cui il personaggio di Ani viene messo in ginocchio: incastrata da superiori potenti e consapevoli della sua debolezza per il gioco e a rischio licenziamento per colpa di un ex-amante ottuso e caro alle alte sfere del PD (qua inteso come Police Department e non come Partito Democratico), finisce col rivolgersi alla sorella (nel dialogo più bello della puntata) e al padre (bel personaggio, anche se un po'troppo tendente a superare il livello di credibilità delle coincidenze di un serial).
Rimane Velcoro, protagonista di un intenso abbraccio a bordo piscina col piccolo Chad e di una risalita dall'inferno dell'alcool che pare costargli non poca fatica.
Jeremy Podeswa (canadese che si segnalò a fine anni novanta con I cinque sensi per poi passare al piccolo schermo) firma una regia essenziale e piuttosto priva di invenzioni e virtuosismi, e ciò nonostante regala una sparatoria di quasi minuti come al cinema non se ne vedono. Tanto per ribadire la superiorità di True Detective 2.
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