Aidan,
Témno EP
(Red Sound Records, 2015)
★★★½
In Levnad, breve, misterioso e quasi crudele incipit di Témno (primo EP e seconda uscita discografica ufficiale dei padovani Aidan), si riassumono molti influssi e molte costellazioni, oltre all'intera anima di questo nuovo lavoro del gruppo. Non solo è possibile percepire un'atmosfera di tensione interamente costruita sulle note di una viola, ma in tre minuti e mezzo capiamo che il cerchio aperto col difficile esordio The Relation Between Brain And Behaviour si è irreversibilmente chiuso. L'ars poetica degli Aidan non si è arenata in un post-metal che citava Sleep e Melvins, ma è andata oltre, utilizzando, fra l'altro, un mezzo ormai in disuso quale può essere l'EP, ormai svilito- un po' in tutti i generi -a mero strumento di promozione commerciale e non a raccolta breve di canzoni inedite e omogenee. Merito delle scelte del gruppo e della Red Sound Records per cui Témno è uscito, lo scorso 9 febbraio.
A dimostrazione della crescita qualitativa che ha avuto luogo negli ultimi due anni, troviamo Negazione dell'appartenenza/ appartenenza della negazione: doppio titolo e doppio ossimoro per questo straordinario pezzo strumentale e ipnotico. Un brano che altera la percezione all'atto dell'ascolto è già di per sè sintomo di un eccellente lavoro. E se è vero che le canzoni sono pensieri e danno la sensazione di fermare il tempo, meglio ancora è riuscirci con un pezzo del livello de Il terzo escluso, forse il migliore dei quattro, con le chitarre in primissimo piano e la drum-section (che nell'esordio poteva suonare un po' come il "tallone d'Achille" degli Aidan) intenta a fare il suo lavoro al meglio. Sempre ne Il terzo escluso trova posto un'ulteriore, graditissima sorpresa (almeno per un consumato cinefilo come me), ovvero uno stralcio del dialogo sulla bellezza che hanno Alfred e Gustav in Morte a Venezia di Visconti.
Non è una tematica casuale, quella della Bellezza, nè l'inserimento della componente filmica va preso come mero capriccio formale o come semplicistico e patriottico omaggio a un tipo di cinema ormai in via di estinzione. Tutto Témno cerca di mostrare che nella musica, arte del tempo e del suo fluire, si nasconde un'utopia estetica precisa. E' un messaggio, o meglio ancora una visione musicale che rsi avvicina di più agli sporadici capolavori dei Tool piuttosto che ad un ennesimo esercizio di stile (magari anche riuscito) di una band post-tutto e sludge-metal qualsiasi, ma è anche una concezione della propria arte lontana dal rozzo spirito di commercio che ha ormai investito ogni cosa. Una concezione che ritorna (come ritorna, fin dal titolo, Morte a Venezia) e si palesa, in maniera definitiva, nella quarta canzone, Ora puoi scendere nella fossa insieme alla tua musica. Meno "di impatto" rispetto a Il terzo escluso, ma comunque funerea e ben ricollegabile all'introduttiva Levnad (di nuovo la viola), questa traccia di chiusura di media durata (5'28'') riaccosta mondi incomunicabili, ne esplica i contrasti ricorrendo al momento più duro del dialogo del film e tentando di cancellare dal suo orizzonte lo scorrere del tempo. Gli strumenti vanno annullandosi uno dopo l'altro; rimane soltanto il synth, che va a sfumare, come l'anima dell'artista che spira nella fossa del titolo. Non sarei in grado di dire se la musica di Témno (quattro brani, 2+2) chiuda un cerchio, vada avanti o addirittura torni indietro: ascoltando la tracklist al contrario (non le singole canzoni, sia chiaro!), sembrerebbe quasi che gli Aidan viaggino verso regioni presignificanti e simultanee di un canto non scritto e non trascrivibile (i pezzi sono comunque tutti strumentali). Tuttavia, la loro musica guarda al futuro, ponendosi oltre una determinata e ormai quasi parodistica collocazione "di genere" e protendendosi verso qualcos'altro rispetto al mondo che conosciamo.
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