Lorenzo 2015 cc.
(Universal, 2015, 2 Cd)
★
In tempi remoti, pubblicare un doppio album era una cosa importante. Significava che l'artista aveva superato il concetto di "raccolta di singoli" e questa sua scelta ne segnava, in qualche modo, il raggiungimento di una maturità umana e artistica che non avrebbe di certo lasciato indifferenti i fans. Con l'avvento del compact disc, che permetteva di contenere fino a ottanta minuti di musica, sorsero due tipologie di doppio album: il lavoro bello e necessario e il lavoro brutto e allungato.
Faccio un esempio di due opere appartenenti all'ultimo decennio molto diverse: Stadium Arcadium (2006) dei Red Hot Chili Peppers poteva tranquillamente essere composto da un solo disco, mentre il recente Down Where The Spirit Meets The Bone di Lucinda Williams (miglior album del 2014, per me e tantissime persone più competenti e preparate del sottoscritto) non avrebbe potuto essere che un susseguirsi di ventisette grandi brani. Proprio per supposta maturità, un grande artista sa decidere quali pezzi inserire e quali lasciare fuori o relegare al rango di b-sides, outtakes, scarti, materiale bonus (tutta roba utile che, nel periodo delle ristampe di molti classici, ha fatto la fortuna delle case discografiche).
Nel 1997 Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, , pubblicò un disco lungo e difficile: L'albero. Lo aveva registrato fra l'Italia, gli Stati Uniti e l'America Latina, coinvolgendo grandi musicisti e preferendo affiancare una vera band ai campionatori che tanto lo avevano reso famoso. Come si legge ne Il grande boh, tirò fuori materiale per una quarantina di pezzi, ne selezionò trenta e li incise. La Mercury dette la disponibilità per pubblicare un doppio, ma il Jova, in fase di missaggio, decise che i pezzi sarebbero divenuti diciannove. Una grande mossa di autocritica la sua, specie se si ascolta il risultato finale. L'albero è, a detta del suo stesso autore, il capolavoro di Jovanotti, un'opera coloratissima e completa dove il formidabile rap dei primi anni (e di tutti i suoi lavori migliori) incontra la passione per le sonorità alternative di mezza America. Solo il Lorenzo del 2008, quello ormai adulto e incupito di Safari, sarebbe andato vicino a replicare la magia de L'albero.
La sbornia per il cantautorato ha- ahimè -lasciato spazio a quella per la pista da ballo: ecco dunque arrivare l'atroce Ora (2011) e adesso, peggio che mai, il pretenzioso e borioso Lorenzo 2015 cc., che ci riconferma ciò che si sapeva da ormai tre lustri, e cioè che il Jova è ben contento di essere l'ennesimo cantante eco-bio-veg-democratic che si guarda allo specchio, osserva il ripetitivo microcosmo (fatto di buonismi e ninnananne politicamente corrette) che lo circonda e gode. Si dà il caso che questo tredicesimo disco sia un doppio album composto da trenta canzoni. Di buono c'è che sono tante e non rischiano di lasciare fuori nessun stereotipo. Almeno sulla carta, dovrebbe trattarsi dell'opera della maturità (è dal 2008 che usa queste parole per definire un proprio nuovo album), quella nata e registrata nella città dove è "ripartito da 0" Jovanotti, e cioè New York. Ma non gli piaceva tanto Cuba?
Jovanotti per primo ha paragonato 2015 cc. ad un cloud, una nuvola che- nell'era del cloundin' -fa piovere tutta la musica che uno desidera. Chi desidera questa musica la mattina si sveglia nel mulino del Mulino Bianco, fa una colazione col proprio partner che dura dalle sei alle nove ore, intervalla alle marmellatine biologiche lunghi e appassionati baci, poi esce per andare a lavoro (possibilmente col SUV, magari a metano, per sentirsi meno colpevoli) e ascolta L'alba, primo pezzo del primo cd. Si prosegue con Sabato, il singolo che è già stato remixato da 200 disc jokey più o meno sconosciuti (travolti dalla noia, potevate farlo anche voi col Garage Band dei vostri iPad) e si scivola giù, verso le banalità di Musica, dove si parla di musica nelle periferie e dove diviene immancabile la presenza della pop-star del Terzo Mondo Manu Dibango: perchè, in casi non ve ne foste accorti, in ogni disco di Jovanotti che si rispetti deve esserci almeno una collaborazione con almeno un artista del Terzo Mondo. A questo punto, il "jovanottiano" si sente ormai al sicuro, già totalmente rappresentato a un buon 70% dalle songs del suo beniamino.
2015 cc. prosegue con pezzi sconcertanti: Ragazza magica, Gli immortali, Il mondo è tuo (stasera), Libera, Perchè tu ci sei, Insieme. Il secondo disco è ancora più imperdonabile, poichè si tratta di una lunga sequela di riempitivi: gli ospiti world aumentano (ci sono la band afroamericana Antibalas e il cantastorie nigerino Bombino), il numero delle canzoni cala (12 invece di 18), mentre cresce la durata media di queste disco-ballatone melliflue e banali. Si parla in inglese (All The People, Gravity) e perfino in francese (La bohème), si parla tanto, ma si dice poco, e ormai è tardi. A sera, il "jovanottiano" e la "jovanottiana" tornano dal lavoro, mangiano poco, lei vomita convinta di poter riciclare ciò che ha appena ingurgitato e dice di essere felice. Lui ricambia amore e felicità e accende la televisione, sintonizzandola su RAI3. <<Muoviti a vomitare che stasera c'è Fazio... a vedere se intervista il Jova!>>.
Fazio c'è sempre, Jovanotti pure. Manca la musica, ma, alla fine, a chi importa più?
Ma soprattutto: la UFO Plast srl, per quella copertina, quanto ha pagato?
Faccio un esempio di due opere appartenenti all'ultimo decennio molto diverse: Stadium Arcadium (2006) dei Red Hot Chili Peppers poteva tranquillamente essere composto da un solo disco, mentre il recente Down Where The Spirit Meets The Bone di Lucinda Williams (miglior album del 2014, per me e tantissime persone più competenti e preparate del sottoscritto) non avrebbe potuto essere che un susseguirsi di ventisette grandi brani. Proprio per supposta maturità, un grande artista sa decidere quali pezzi inserire e quali lasciare fuori o relegare al rango di b-sides, outtakes, scarti, materiale bonus (tutta roba utile che, nel periodo delle ristampe di molti classici, ha fatto la fortuna delle case discografiche).
Nel 1997 Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, , pubblicò un disco lungo e difficile: L'albero. Lo aveva registrato fra l'Italia, gli Stati Uniti e l'America Latina, coinvolgendo grandi musicisti e preferendo affiancare una vera band ai campionatori che tanto lo avevano reso famoso. Come si legge ne Il grande boh, tirò fuori materiale per una quarantina di pezzi, ne selezionò trenta e li incise. La Mercury dette la disponibilità per pubblicare un doppio, ma il Jova, in fase di missaggio, decise che i pezzi sarebbero divenuti diciannove. Una grande mossa di autocritica la sua, specie se si ascolta il risultato finale. L'albero è, a detta del suo stesso autore, il capolavoro di Jovanotti, un'opera coloratissima e completa dove il formidabile rap dei primi anni (e di tutti i suoi lavori migliori) incontra la passione per le sonorità alternative di mezza America. Solo il Lorenzo del 2008, quello ormai adulto e incupito di Safari, sarebbe andato vicino a replicare la magia de L'albero.
La sbornia per il cantautorato ha- ahimè -lasciato spazio a quella per la pista da ballo: ecco dunque arrivare l'atroce Ora (2011) e adesso, peggio che mai, il pretenzioso e borioso Lorenzo 2015 cc., che ci riconferma ciò che si sapeva da ormai tre lustri, e cioè che il Jova è ben contento di essere l'ennesimo cantante eco-bio-veg-democratic che si guarda allo specchio, osserva il ripetitivo microcosmo (fatto di buonismi e ninnananne politicamente corrette) che lo circonda e gode. Si dà il caso che questo tredicesimo disco sia un doppio album composto da trenta canzoni. Di buono c'è che sono tante e non rischiano di lasciare fuori nessun stereotipo. Almeno sulla carta, dovrebbe trattarsi dell'opera della maturità (è dal 2008 che usa queste parole per definire un proprio nuovo album), quella nata e registrata nella città dove è "ripartito da 0" Jovanotti, e cioè New York. Ma non gli piaceva tanto Cuba?
Jovanotti per primo ha paragonato 2015 cc. ad un cloud, una nuvola che- nell'era del cloundin' -fa piovere tutta la musica che uno desidera. Chi desidera questa musica la mattina si sveglia nel mulino del Mulino Bianco, fa una colazione col proprio partner che dura dalle sei alle nove ore, intervalla alle marmellatine biologiche lunghi e appassionati baci, poi esce per andare a lavoro (possibilmente col SUV, magari a metano, per sentirsi meno colpevoli) e ascolta L'alba, primo pezzo del primo cd. Si prosegue con Sabato, il singolo che è già stato remixato da 200 disc jokey più o meno sconosciuti (travolti dalla noia, potevate farlo anche voi col Garage Band dei vostri iPad) e si scivola giù, verso le banalità di Musica, dove si parla di musica nelle periferie e dove diviene immancabile la presenza della pop-star del Terzo Mondo Manu Dibango: perchè, in casi non ve ne foste accorti, in ogni disco di Jovanotti che si rispetti deve esserci almeno una collaborazione con almeno un artista del Terzo Mondo. A questo punto, il "jovanottiano" si sente ormai al sicuro, già totalmente rappresentato a un buon 70% dalle songs del suo beniamino.
2015 cc. prosegue con pezzi sconcertanti: Ragazza magica, Gli immortali, Il mondo è tuo (stasera), Libera, Perchè tu ci sei, Insieme. Il secondo disco è ancora più imperdonabile, poichè si tratta di una lunga sequela di riempitivi: gli ospiti world aumentano (ci sono la band afroamericana Antibalas e il cantastorie nigerino Bombino), il numero delle canzoni cala (12 invece di 18), mentre cresce la durata media di queste disco-ballatone melliflue e banali. Si parla in inglese (All The People, Gravity) e perfino in francese (La bohème), si parla tanto, ma si dice poco, e ormai è tardi. A sera, il "jovanottiano" e la "jovanottiana" tornano dal lavoro, mangiano poco, lei vomita convinta di poter riciclare ciò che ha appena ingurgitato e dice di essere felice. Lui ricambia amore e felicità e accende la televisione, sintonizzandola su RAI3. <<Muoviti a vomitare che stasera c'è Fazio... a vedere se intervista il Jova!>>.
Fazio c'è sempre, Jovanotti pure. Manca la musica, ma, alla fine, a chi importa più?
Ma soprattutto: la UFO Plast srl, per quella copertina, quanto ha pagato?