PREMESSA
Da una parte mi duole molto doverlo ammettere, ma il 31 ottobre è uno dei pochi giorni del calendario che fa riaffiorare in me una serie di lunghi, importanti e soprattutto nitidi ricordi.
Alcuni anni fa, per celebrare proprio il ricordo di un epico "post-Halloween" liceale, scrissi un macabro racconto dove la vita vissuta si confondeva con la finzione. Fortuna vuole che quello scritto non sia andato perduto e che proprio oggi mi sia venuta voglia di rileggerlo. Lo pubblico sul blog senza alcuna modifica.
Buona lettura.
RISVEGLI DI ALTRI TEMPI
Den (abbreviativo di
Denis) si portò una mano dietro la schiena, quasi volesse
controllare di non averla persa per strada; era giovane e sapeva che,
in ogni caso, ce l'avrebbe fatta. Sollevò la testa dal freddo
parquet e aprì il sacco a pelo. La sveglia segnava le 6:55. Ho
dormito solo un'ora e 50! pensò.
Si alzò con molta calma e buttò gli occhi sui propri compagni di
stanza: intravide, nella penombra, tre ragazze che dormivano
profondamente, mano nella mano, accatastate su un letto a castello, e
per poco non calpestò un giovanotto riccioluto disteso vicino alla
porta della camera. Il controllo si estese alle altre stanze della
casa: il cesso non ospitava nessun'entità dalle sembianze umane,
mentre il matrimoniale della camera adiacente era occupato da due
ragazze completamente nude e “Il Pottone”, l'unico in quel
momento ad essere sufficientemente coperto. Den si soffermò
sull'organo genitale di una delle due, probabilmente rimasta a gambe
larghe per tutta la notte, e socchiuse la porta, discreto e
silenzioso come un maggiordomo. Afferrò la giacca di velluto marrone
e si diresse in salotto, alla ricerca di qualcuno in grado di fare
un caffè. Ancora scene di orgia: una coppietta di quindicenni, dopo
aver passato la serata precedente a litigare, giaceva ora su di un
vecchio divano, circondato da una mezza dozzina di bottiglie di vino
svuotate, un paio di Durex usati e vagonate di fazzoletti di carta.
Questa è l'adolescenza?
si domandò Den tirando fuori dal frigo un cartone di succo di frutta
Mango&Pesca. Non sembra niente di che... anzi, secondo
me queste cose dovrebbero essere la consuetudine, a 15 come a 30
anni... Andò fiero di questo
suo pensiero e sentì di meritarsi una pisciata e una sigaretta. Dal
salotto una portafinestra conduceva ad un piccolo giardinetto, dove
l'acqua per innaffiare le piante veniva sovente sostituita dal vomito
dei festaioli incalliti, cui si andava ad aggiungere, or ora, il
piscio caldissimo e giallo di Den. Se lo scrollò velocemente, mentre
davanti agli occhi si susseguivano le immagini della sera precedente:
cosce di fuori, labbra carnose, scollature vertiginose, capelli
tinti, uva rossa di fine stagione, Bombay Shappire e tonica, birre di
qualsiasi provenienza e gradazione, peni in erezione, giochi della
bottiglia, posacenere stracolmi, crostini con i fegatelli, capezzoli
turgidi, “odore del sesso”. La colonna sonora? Al momento non
ricordava nessuna canzone in particolare, se non le urla del
godimento selvaggio e adolescenziale che giungevano praticamente da
qualsiasi angolo della casa. Il bello è che nessuno viene
mai alle feste per fare questa vita... non sono neanche feste, anche
perché il tutto inizia quando qualcuno se ne esce dicendo di avere
casa libera per un paio di giorni e propone una cena da lui... i
genitori ti accompagnano a casa del tizio e pensano ad un innocente
cena (magari col bicchiere di vino in più) con conseguente pigiama
party, ma non ai figli che si scopano anche due 15enni alla volta, ai
fumi dell'alcool e alla gente che dorme in qualsiasi buco libero
della casa... ma non credo che i genitori debbano capire queste cose,
no...non devono neanche porsi il problema... non devono proprio
sapere che cazzo di vita fanno i propri figli!
Nel pensare tutto questo si sentì molto maturo, sicuramente ad un
livello superiore rispetto a quello di quei compagni che
starnazzavano riguardo le incomprensioni familiari e stronzate
simili. Rientrò tutto fiero di sé e si accese una sigaretta. Notò
che, nel frattempo, la coppietta si era alzata ed era andata al
bagno. Tirò un'ultima lunga boccata e spense la Marlboro dentro una
bottiglia di birra; la porta del cesso era aperta: i due giovani si
stavano dando una ripulita, lui sciacquandoselo bene e lamentandosi
un po' per il mal di testa, lei seduta sul bidè, con il buco rivolto
verso il getto dell'acqua. Den si fece avanti e chiese se uno dei
due, per caso, avesse voglia di fare del caffè. Nessuno. Non fece
neanche in tempo a riuscire che sentì un urlo provenire dalla camera
matrimoniale: le due ragazze si erano accorte che “Il Pottone”
era morto, chiamando a sé tutte le altre persone. Nella camera
c'erano tutti, ma non aleggiava minimamente odore di morte, quanto
un'aria di disarmante indifferenza. “Il Pottone” aveva
qualche anno più di noi- iniziò
a dire Den -e tutti sapevano che si ficcava in corpo
pasticche e roba simile, oltre ad una ventina di cicchini ogni giorno
e quelle schifezze da mangiare...diciamo che poteva succedere e
affrontiamo il problema. Tutti i
presenti iniziarono a scervellarsi, perché affrontiamo il
problema equivaleva a far
sparire il cadavere e fare in modo che nessuno tornasse a cercarlo
laggiù. Gli elementi che giocavano a favore di questi ragazzi non
erano pochi: tanto per iniziare, “Il Pottone” era molto
indipendente e, in casa sua, nessuno sapeva mai dove poteva essere il
figlio; bastava che avesse dietro una banconota da 50 euro e il
cellulare acceso, poi era fatta. Inoltre, era solito allontanarsi da
casa per due o tre giorni ogni fine settimana, per andare a rimediare
la fica a giro, scortato solitamente da “Pottino” e “Chocolat”,
i suoi due più umili servitori; ma non c'era di che preoccuparsi
neanche in questo: di fatti, questi ragazzotti erano stati assenti in
questa serata e lui non lasciava loro mai detta la propria
destinazione. Fu convocata la padrona di casa, una di quelle che
aveva avuto l'onore di donare al “Pottone” l'ultima scopata della
sua vita. Fu interrogata sulla zona circostante alla cascina e su
quali luoghi potessero essere adatti ad occultare il cadavere. Lei
rispose in maniera ferma e precisa, con una sicurezza impensabile,
vista la situazione: un pozzo abbandonato distava solo un chilometro
e mezzo dall'abitazione ed essendo praticamente sommerso dalle
frasche non veniva mai controllato dalla Guardia Forestale. Den le
accarezzò una guancia con aria di complimenti e fece cadere gli
occhi sull'apertura dell'accappatoio che lasciava intravedere il
seno.
Un
gruppetto di tre maschi si vestì velocemente e chiuse “Il Pottone”
in un vecchio sacco a pelo marroncino, che fu, a sua volta, legato ad
una corda e trascinato fino al punto prestabilito. Qualcuno optò per
frugare il prematuramente deceduto, alla ricerca di qualche banconota
di grosso taglio, ma Den fu chiaro: Ascoltami bene, testa
di cazzo...ho fretta di tornare a casa e non me ne frega niente di
avere soldi da questo tossico schiantato! Quindi buttiamolo giù e
speriamo che non tocchi più a nessuno, altrimenti addio feste!
Procedettero in silenzio alla
macabra operazione e, assicuratisi che tutto fosse andato per il
meglio, ripartirono. Nessuno riaprì bocca fino a casa, quando tutti
trovarono subito qualcosa da fare: chi si attaccò nuovamente alla
bottiglia, chi si accese una sigaretta, chi strappò via i vestiti a
qualche ragazzina arrapata e la invitò a seguirlo. Den osservò la
scena divertito e notò, con piacere, che il vecchio divano era
libero. In quel momento se ne fregò di quante scopate poteva essere
stato il palcoscenico e vi si sedette. Accese la televisione e
un'altra paglia; su Rete All Music mandavano E...
di Vasco. Che bel titolo per una canzone
disse a voce bassissima. In quel momento si ricordò che non aveva
ancora trovato chi potesse fargli il caffè.
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