Arturo Merlino e Yuri Pelagatti. Un detective romano imbaranato come una foca e un attore di teatro milanese donnaiolo, depresso e fallito: sono Carlo Verdone e Antonio Albanese in L'abbiamo fatta grossa, una coppia comica che nel cinema di casa nostra non si vedeva da anni.
Stavolta vengono meno la bella ragazza, il corteggiamento e l'innamoramento. E' assente la musica, non da intendersi come soundtrack ma come elemento essenziale allo svolgimento della trama (lo era stata anche nel recente Posti in piedi in paradiso, dove Verdone era il gestore di un negozio di vinili e memorabilia rock). Ed è assente il finale "tarallucci&vino" su cui si basa una bella fetta di fortuna della commediografia italiana degli ultimi vent'anni.
Stavolta vengono meno la bella ragazza, il corteggiamento e l'innamoramento. E' assente la musica, non da intendersi come soundtrack ma come elemento essenziale allo svolgimento della trama (lo era stata anche nel recente Posti in piedi in paradiso, dove Verdone era il gestore di un negozio di vinili e memorabilia rock). Ed è assente il finale "tarallucci&vino" su cui si basa una bella fetta di fortuna della commediografia italiana degli ultimi vent'anni.
Commedia nera degli equivoci ambientata in una Roma degradata e sventrata da crisi economica e malapolitica- stesso scenario delle ultime due pellicole -, L'abbiamo fatta grossa si apre con degli inusuali titoli di testa dal sapore alleniano e riporta di fronte alla cinepresa un tema indispensabile del nostro cinema: l'amicizia (in questo caso nata da un rapporto clientelare) fra due professionisti un po' soli che nella vita, per motivi diversi, recitano. C'è una valigietta, di quelle che quando si apre illumina il volto e la vita di chi vi si specchia ma che potrebbe essere equamente risolutiva per chi ne entra in possesso (dunque una valigietta a metà fra quella di Pulp Fiction e quella di Non è un paese per vecchi). Ci sono i cattivi, belli, eleganti, viscidi. E poi abbiamo gli anziani, e nessuno filma la vecchiaia come Verdone (pensate alla Sora Lella e agli innumerevoli sketches sulla terza età che affollano la sua produzione): la zia convinta che lo zio defunto sia vivo e pranzi ogni giorno al suo fianco, la nonnina Ernesta a cui viene declamata una filastrocca di compleanno talmente orribile da risultare spassosissima, mentre nella sua villetta l'investigatore Merlino- nei panni di uno 007 fuori forma -insegue il gatto "nostalgico" Benito. I giovani viaggiatori coatti, meravigliosi, che siedono dietro Verdone e la sua pseudo-fidanzata romena Lena (Anna Kasyan) ad un ristorantino ostiense e che lo riprendono su Cipro e Creta, e l'altra coatta, fantastica, che gestisce il solarium in cui i nostri si sono recati travestiti da preti. E poi ancora la romanità dell'uomo alla finestra che si affaccia in piena notte per protestare e la feroce, fondamentale contrapposizione fra la comicità di Verdone e quella, surreale e a tratti malinconica, di Albanese, anima egoisticamente persa la cui maschera viene meno solo nell'atto finale della commedia, con una corona da re shakespeariano fatta coi fogli di giornale.
Struttura impeccabile, regia straordinaria, volti, battute e fisionomie studiate nel dettaglio fanno di L'abbiamo fatta grossa il film di Verdone più completo degli ultimi anni. Cosa altro di più si può desiderare da un autore di questo calibro?
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