Oggi, così per dire, la pagina Facebook della Allman Brothers Band ha pubblicato una breve nota in cui si sottolineava una ricorrenza molto importante: i 45 anni di Eat a Peach.
E' chiaro che tenere il conto di quanti dischi importanti, per non dire essenziali, del 1972 è un'impresa impossibile, ma Eat a Peach per me non è solo un bellissimo documento della musica rock di quell'anno. No.
Eat a Peach contiene One Way Out, e One Way Out è stata la canzone con cui ho scoperto la banda dei fratelli Allman. Ero al cinema a vedere The Departed e c'era questa scena incredibile in cui Leonardo di Caprio siede al banco di un bar irlandese di South Boston e ordina un succo di mirtillo. E' una serata complessa: lui è un poliziotto sotto copertura e deve farsi strada nella malavita della città. Ha deciso di accompagnare suo cugino, uno spacciatore da quattro soldi che però ha conoscenze e agganci che lo potranno inserire nel giro di Frank Costello, il capo dei capi. Uno degli scagnozzi di Costello va a sedersi a fianco del nuovo arrivato e, giudicando troppo "effeminato" l'ordine effettuato da Leo, lo prende in giro dicendogli che il succo di mirtillo è un diuretico naturale e che la sua ragazza lo beve nel periodo del ciclo. <<Anche tu hai le mestruazioni?>>, gli domanda. Leo aspetta che il barman gli porga il bicchiere sul banco, scrolla due volte la sigaretta nel posacenere, la ripone fra le labbra e con un gesto fulmineo fa esplodere, letteralmente, il bicchiere di succo nella tempia del mafioso. Ed è allora che le Gibson di Duane e Dickey Betts iniziano ad intrecciarsi, la doppia sezione ritmica di Jaimoe e Butch Trucks (recentemente scomparso) si intensifica e gli altri mafiosi accorrono in soccorso dell'amico ferito. Il più grande e cattivo fra loro, il signor French, invita il giovane impetuoso a calmarsi, lo blocca un paio di volte e, dopo averlo minacciato di strappargli via i testicoli, gli consiglia di darsi una calmata, di rinunciare alla vita da spacciatore (non fa per lui, troppo impulsivo e permaloso) e di tornare a sedersi composto. Non prima però di avergli chiesto <<Che stavi bevendo?>> e, alla sua risposta, replica con un sarcastico <<Perchè? Hai le mestruazioni?>> e Leo, stavolta, non reagisce. Tutto questo dura una ventina di secondi.
Eat a Peach è il primo disco che ho comprato degli Allman, prima del concerto al Fillmore e molto prima di Brothers and Sisters. E' un disco spartiacque, ma pure un'opera nata dal dolore, il dolore della perdita di Duane, morto durante le registrazioni di nuove canzoni per quel terzo album in studio che, al momento della sua dipartita, nemmeno aveva un nome. In realtà, Eat a Peach rappresenta al cento percento le molteplici anime della band: in parte dal vivo, in parte in studio, nasce come doppio LP (su cd lo potete comodamente acquistare su disco singolo, anche se dieci anni fa circolò una edizione deluxe espansa), contiene la più lunga canzone mai pubblicata dal gruppo (Mountain Jam) e una delle più brevi (la splendida ninnananna strumentale Little Martha, che lo conclude). Ci sono i capolavori rimasti fuori dal Fillmore, uno dei manifesti poetici di Dickey Betts (Blue Sky), due possenti cavalli di battaglia usciti dal canzoniere di Gregg (Ain't Wastin't Time No More, Stand Back) e la sua lovesong più nota (Melissa). In tanta bellezza, c'è spazio pure per uno strumentale destinato a rimanere "minore" fra i molti incisi dal gruppo (Les Brers in A Minor).
Eat a Peach non è nè "il disco di Duane", nè "il disco di Dickey" (odiose diciture adottate dalla critica dalla metà degli anni Settanta in poi, come se esistessero più Allman Brothers Band), ma se non lo avete mai sentito, non avete idea di cosa vi siete persi.
Un disco a cinque stelle in cui immergersi, senza mai abbandonarlo del tutto.
Eat a Peach è il primo disco che ho comprato degli Allman, prima del concerto al Fillmore e molto prima di Brothers and Sisters. E' un disco spartiacque, ma pure un'opera nata dal dolore, il dolore della perdita di Duane, morto durante le registrazioni di nuove canzoni per quel terzo album in studio che, al momento della sua dipartita, nemmeno aveva un nome. In realtà, Eat a Peach rappresenta al cento percento le molteplici anime della band: in parte dal vivo, in parte in studio, nasce come doppio LP (su cd lo potete comodamente acquistare su disco singolo, anche se dieci anni fa circolò una edizione deluxe espansa), contiene la più lunga canzone mai pubblicata dal gruppo (Mountain Jam) e una delle più brevi (la splendida ninnananna strumentale Little Martha, che lo conclude). Ci sono i capolavori rimasti fuori dal Fillmore, uno dei manifesti poetici di Dickey Betts (Blue Sky), due possenti cavalli di battaglia usciti dal canzoniere di Gregg (Ain't Wastin't Time No More, Stand Back) e la sua lovesong più nota (Melissa). In tanta bellezza, c'è spazio pure per uno strumentale destinato a rimanere "minore" fra i molti incisi dal gruppo (Les Brers in A Minor).
Eat a Peach non è nè "il disco di Duane", nè "il disco di Dickey" (odiose diciture adottate dalla critica dalla metà degli anni Settanta in poi, come se esistessero più Allman Brothers Band), ma se non lo avete mai sentito, non avete idea di cosa vi siete persi.
Un disco a cinque stelle in cui immergersi, senza mai abbandonarlo del tutto.
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