Se un film di Cristopher Nolan in lavorazione da sette anni viene accolto con lo sdegno e la freddezza che il pubblico e la critica gli stanno riservando un po' ovunque, vuol dire davvero che la fine del mondo è vicina. Per carità, bene che anche i critici di professione- e non chi, come me, dice la sua e ragiona tramite un blog -abbandonino un po' il "nerdismo" che li contraddistingue in questi ultimi anni e si preoccupino di fornire ai lettori strumenti con cui giudicare in modo più obiettivo possibile un film. Allo stesso tempo, bene che anche i fans (duri come lecci) di miliardari vestiti da pipistrello, criminali simili a Beppe Grillo, labirinti mentali e cloni ottocenteschi si dotino di un pensiero proprio e assumano una posizione critica nei confronti dell'ultima, ambiziosa fatica del loro pupillo. Tuttavia, questo inatteso cambio di rotta nel rilasciare giudizi sul bravissimo e celebre regista inglese mi trova impreparato, e in tutta sincerità non me la sento di condividerlo, forse perchè- contrariamente al 90% degli spettatori -non mi aspetto il nuovo 2001 da ogni film di fantascienza che esce nei cinema. State tranquilli, rimanete nelle vostre case: 2001 è lassù, in cima a tutto, nessuno gli dà noia. La fantascienza di Kubrick, impareggiabile e fondamentalmente inumana, non è la stessa di Tarkovskij, Scott, Jones, Blomkamp, Cuaròn, Boyle: perciò, perchè quella di Nolan deve somigliarle per forza? Domandatelo a chi, in questi giorni, non riesce a scrivere una recensione o anche solo a tracciare un profilo del film, senza ricorrere a questo futile paragone: magari vi risponderà.
Detto questo, Interstellar è una pellicola (più precisamente una pellicola 70 mm IMAX che a noi puristi innamorati di Scorsese, Tarantino e Abrams piace tanto) sci-fi solo in seconda istanza: per prima cosa, è un melò hollywoodiano d'altri tempi, un dramma ad alto budget gestito come meglio non si poteva, almeno sul lato tecnico. Perchè si può dire quello che si vuole a Nolan, ma non di certo che non sia uno dei registi più dotati in circolazione, e bastano quattro riprese di Interstellar a dimostrarlo. In compenso, questa dote viene a mancare in sede di sceneggiatura (non è un caso che i suoi film siano quasi sempre scritti da o con il più bravo fratello Jonathan), e in questo senso Interstellar un po' risente di certe mancanze: buchetti, facilonerie, dialoghi a volte scialbi, alcuni personaggi troppo quadrati. Inoltre, la storia di un padre (un Matthew McConaughey formidabile come al solito) che lascia i due figli (interpretati, da adulti, dai bravi Jessica Chastain e Casey Affleck) per affrontare il viaggio interstellare non è il massimo dell'originalità, alcuni concetti fisici (il film è ispirato da un saggio dell'astrofisico Kip Thorne, coinvolto anche come co-produttore) e drammatici potranno apparire banalizzati e standardizzati (e in alcuni casi lo sono eccome), e delle venti cose di cui Nolan vorrebbe parlare (fra le tante, la percezione del tempo e dello spazio, i danni del surriscaldamento globale, la possibilità di viaggiare attraverso i wormholes, il rapporto fra un padre vedovo e una figlia bisognosa di amore e attenzioni, l'esistenza di dimensioni parallele, il ritorno alla civiltà agricola, l'amore che trascende le leggi dell'universo, la messa in discussione delle leggi di gravità, i limiti dell'istinto di sopravvivenza) è tanto se riesce a portarne a termine due. Ma è l'esperienza cinematografica in sè, qua, ad avere la meglio su trama, personaggi e contenuti. La corsa in macchina attraverso i campi di pannocchie è epica esattamente quanto il countdown mandato in fuori campo mentre il protagonista lascia la sua casa e la sua famiglia, l'entrata nel wormhole fa restare a bocca aperta così come la galoppante, tragica corsa verso l'ignoto (quasi) finale. Le scelte stilistiche, interpretative, registiche e musicali (Hans Zimmer dà sempre il meglio per Nolan, e si sente) di Interstellar sono tutte azzeccate.
Perciò, è inevitabile che allo spettatore più dotato di materia grigia rimarranno, alla fine dei 169 minuti di durata, alcuni quesiti: ad esempio, il film poteva risultare migliore se privato di una certa retorica americana sbavona? O ancora: davvero il regista crede in un'idea così antropocentrica dell'universo (un'idea, a detta di chi scrive, arrogante, anti-scientifica e con la quale non sono d'accordo neanche un po', ma che neanche impedisce di godersi il film)? E poi, il finale non è ciò che sembra (per fortuna!), ma Nolan a questo ci ha abituati già ai tempi di Inception (2010) e ha riutilizzato un espediente simile anche ne Il cavaliere oscuro- Il ritorno (2012): tuttavia, da spettatore e appassionato, voglio essere sincero e dire che a me questa storia dei finali aperti finisce col sembrarmi una comoda vigliaccata. Ma a Nolan piacciono i soldi (come dargli torto, del resto?) ed è furbo e talentuoso come pochi, per cui non ha mai mancato di accettare patti e costrizioni tipici delle opere su commissione, fra cui uno dei più azzeccati mai concepiti ad Hollywood: <<Lasciamo il finale aperto, è la cosa più democratica e nessuno in sala si sentirà offeso>>.
In conclusione e a prescindere dai difetti, Interstellar è un film da vedere e pure rivedere, interessante e coinvolgente, bellissimo e riuscito da una parte, pieno di occasioni mancate e banalità spielberghiane dall'altra. Rassicura critica e pubblico sul fatto che Nolan non è il genio che tutti decantano e che i suoi film continuano a risultare meno complessi di quanto l'apparenza (e la pubblicità) possa suggerire. Rimarrà comunque il migliore sci-fi del 2014 e un blockbuster dall'ottima funzionalità, convincente, curato fin nei più minimi dettagli e girato in maniera incredibile, ma finirà col piacere comunque meno degli ultimi film dell'autore. Da parte mia, posso aggiungere che l'ho gradito più de Il cavaliere oscuro- Il ritorno e che ora più che mai da Nolan mi aspetto un film diverso, dove l'autore si erga veramente al di sopra della produzione e non ricerchi soltanto il compiacimento del pubblico e la lacrima facile. Sempre ammesso che lui ne abbia voglia.
Perciò, è inevitabile che allo spettatore più dotato di materia grigia rimarranno, alla fine dei 169 minuti di durata, alcuni quesiti: ad esempio, il film poteva risultare migliore se privato di una certa retorica americana sbavona? O ancora: davvero il regista crede in un'idea così antropocentrica dell'universo (un'idea, a detta di chi scrive, arrogante, anti-scientifica e con la quale non sono d'accordo neanche un po', ma che neanche impedisce di godersi il film)? E poi, il finale non è ciò che sembra (per fortuna!), ma Nolan a questo ci ha abituati già ai tempi di Inception (2010) e ha riutilizzato un espediente simile anche ne Il cavaliere oscuro- Il ritorno (2012): tuttavia, da spettatore e appassionato, voglio essere sincero e dire che a me questa storia dei finali aperti finisce col sembrarmi una comoda vigliaccata. Ma a Nolan piacciono i soldi (come dargli torto, del resto?) ed è furbo e talentuoso come pochi, per cui non ha mai mancato di accettare patti e costrizioni tipici delle opere su commissione, fra cui uno dei più azzeccati mai concepiti ad Hollywood: <<Lasciamo il finale aperto, è la cosa più democratica e nessuno in sala si sentirà offeso>>.
In conclusione e a prescindere dai difetti, Interstellar è un film da vedere e pure rivedere, interessante e coinvolgente, bellissimo e riuscito da una parte, pieno di occasioni mancate e banalità spielberghiane dall'altra. Rassicura critica e pubblico sul fatto che Nolan non è il genio che tutti decantano e che i suoi film continuano a risultare meno complessi di quanto l'apparenza (e la pubblicità) possa suggerire. Rimarrà comunque il migliore sci-fi del 2014 e un blockbuster dall'ottima funzionalità, convincente, curato fin nei più minimi dettagli e girato in maniera incredibile, ma finirà col piacere comunque meno degli ultimi film dell'autore. Da parte mia, posso aggiungere che l'ho gradito più de Il cavaliere oscuro- Il ritorno e che ora più che mai da Nolan mi aspetto un film diverso, dove l'autore si erga veramente al di sopra della produzione e non ricerchi soltanto il compiacimento del pubblico e la lacrima facile. Sempre ammesso che lui ne abbia voglia.
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