sabato 17 maggio 2014

[Recensione] Grand Budapest Hotel

Il film è ben fatto.
Ogni inquadratura vive di vita propria.
Wes Anderson è uno dei più formidabili "tecnici" che il cinema abbia mai avuto.
Senza ombra di dubbio, è uno dei più grandi registi del nostro tempo.
La sceneggiatura fila via che è una bellezza.
Questo nuovo Grand Budapest Hotel, almeno ai miei occhi, va a fare compagnia al Treno per il Darjeeling, per quanto possa risultare superiore sia nell'uso della scenografia che nella scelta degli attori. Sparo i nomi completamente a caso correndo il rischio di lasciare fuori qualcuno: Ralph Fiennes, Willem Defoe, Harvey Keitel, Owen Wilson, Bill Murray, Jeff Goldblum, Adrian Brody, Edward Norton, F. Murray Abraham, Tilda Swinton, Jude Law, Léa Seydoux e Tony Revolori (l'indiano co-protagonista).
Vale la pena aggiungere che anche chi non ha mai letto manco un rigo di Stefan Zweig potrà apprezzare l'utopica ambientazione dell'opera.
Così come vale la pena sottolineare che se si conosce il cinema tedesco degli anni '20 e '30 (argomento che mi dicono ormai snobbato e superato da quei facoltosi studenti DAMS che proprio in questi giorni si disperano e scrivono male di Wes Anderson e del suo nuovo film), Grand Budapest Hotel si rivelerà una vera e propria caccia all'omaggio.
Ma veniamo al dunque: a Grand Budapest Hotel (che se ne guarda bene dall'essere un film brutto o malriuscito) manca qualcosa.
Cosa?

A mio avviso e in ordine sparso:

La coralità (perfetta e mai dispersiva) de Le avventure acquatiche di Steve Zissou
Una scena di ballo con bacio come quella di Moonrise Kingdom 

Margot Tenenbaum de I Tenenbaum




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