Esisterà, anche se per un convinto cinefilo, un genere che sin dalla tenera età viene prontamente evitato? Sì, e almeno nel mio caso, quel genere è il "peplum", o il film di "sandaloni", come li chiamava la mia povera nonna, altra devota cinefila. Non ho mai retto i pomeriggi di Rete 4 in compagnia di Maciste, Sansone e Ursus, come non ho amato nessuno dei trenta film su Ercole (no, neanche Ercole al centro della terra di "sua maestà" Mario Bava mi è mai piaciuto, per quanto avveniristico e girato cento volte meglio di tutti gli altri potesse essere) o le famigerate serie televisive di Italia 1; non mi piaceva la piega più storica dei peplum (trovo Spartacus il peggiore film di Kubrick e sono uno dei pochi cittadini italiani a non aver mai digerito Il gladiatore), ho sempre disprezzato ferocemente le incursioni bibliche dei vari Ben Hur e I dieci comandamenti, nè sono uscito di testa di fronte alla moda del "nu-peplum" iniziata col mediocre Troy (2004) di Petersen e ulteriormente peggiorata con i vari Scontro di titanti, Furia di titani, Hercules 3D e altra roba in confronto a cui una puntata di Xena sembrava diretta da Orson Welles. In seguito all'avvento di questo nuovo filone del "rinato" cinema mitologico-avventuroso, sono state attuate due regole molto precise:
1) I film compresi in questo genere devono tutti peggiorare, in forma e contenuti, ciò che poteva risultare godibile e positivo nelle pellicole americane e soprattutto italiane degli anni '50 e '60.
2) I film compresi in questo genere devono essere girati da una buona fetta dei peggiori registi che lavorano oggi.
E forse è proprio in virtù di questa seconda regola che non poteva esimersi dal girare un "sandalone" anche il britannico Paul W.S. Anderson, creatore della saga Resident Evil, marito di Milla Jovovich e noto, nell'ambiente di Hollywood, come "il Becco". E il Becco ha impiegato sei anni a preparare questa merda di film, per cui sono stati spesi- da una produzione per metà americana e per metà tedesca -80 milioni di dollari; soldi con cui, visti i problemi sorti negli ultimi mesi, lo stato italiano poteva ristrutturare una buona parte della vera Pompei. A vestire i panni del protagonista schiavo/gladiatore bretone Milo è stato chiamato il nobile Kit Harington (classe 1986), discendente diretto di Carlo II e inespressivo bietolone da tenere nelle macellerie modaiole di Hollister piuttosto che di fronte alla telecamera: a riprova che la televisione e il cinema sono ancora due mondi fortunatamente molto distanti- alla faccia di chi afferma il contrario riempiendosi la bocca di falsità e nomi assurdi -va fatto presente che Anderson ha scelto questo attore perchè lo aveva notato nel ruolo di Jon Snow de Il trono di spade (dove poi è altrettanto incapace).
Per il resto, è semplice commentare la sceneggiatura e l'aspetto visivo di Pompei: un film talmente brutto e idiota da incitare lo spettatore a voler fare tutt'altra cosa che osservare lo schermo. Ogni personaggio che appare anche solo per un minuto lascia subito capire quale non-ruolo ha e che fine farà. Ogni scena è insulsa, fastidiosa, vuota. Gli effetti speciali, unico vero cavallo di battaglia della saga di Resident Evil, sono veramente gestiti male. E, più in generale, Pompei non è brutto rispetto agli altri film di Anderson o ad altri "peplum" usciti negli ultimi due, tre anni: è proprio brutto e basta.
Credo che, come la saga dei Pirati dei Caraibi, Pompei abbia come unica utilità quella di far capire che un'idea di cinema avventuroso (le pretese storico-mitologiche passano in secondo piano) destinato ad un pubblico più giovane abbia già toccato il fondo e si sia messo a scavare. Colpa delle case di produzione e della sciatteria di base con cui certi progetti vengono pensati e portati avanti; ma è anche colpa del pubblico che accoglie con entusiasmo questi prodotti, e si tratta di un pubblico composto o da ragazzetti lobotomizzati o da ventenni e trentenni col cervello sfarinato da sei, sette ore di videogiochi al giorno, visioni di cartoni animati di merda e letture stupide.
Pompei è per loro.
Per gente che, se un dialogo dura quaranta secondi in più rispetto alla media e non sopraggiunge un terremoto a spazzare via l'intero emisfero australe, scrive su Twitter #questofilmmirompeilcazzo.
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