Tutti gli amanti dei videogiochi non potranno fare altro che apprezzare Need For Speed. Peccato che io non sia un amante dei videogiochi: o meglio, i videogiochi ormai mi piacciono molto solo se visti giocare da terzi o, al limite, se giocati a piccole dosi, per una, due ore e non di più. E' proprio un discorso di passione. So benissimo che escono dei giochi fantastici su console sempre più incredibili e fantascientifiche (specie per uno come me, fermo alla sesta generazione), ma la cosa mi tange pochissimo. Se è vero che la vita è un insieme di scelte, io da un certo momento in poi ho scelto di non dedicarmi ai videogiochi, a cui ho preferito la musica, il cinema, i fumetti, la lettura e altre cose. Detto questo, non ho niente contro i videogiochi, nè tantomeno contro i videogiocatori. Però, nutro un astio notevole verso chi si ostina a produrre film ispirati ai videogiochi (un mercato che meritava di essere chiuso già ai tempi del film Super Mario Bros., ma che è rimasto inspiegabilmente aperto), e ancora di più verso coloro che concedono a queste operazioni commerciali un plauso critico quasi sempre immeritato. Dunque mettiamo per un attimo da parte l'imparzialità e il nerdismo di una determinata categoria di esseri umani e proviamo a fare i seri: la serie ludica di Need For Speed, sviluppata da Electronic Arts a partire dal 1994 (anno in cui esordì sul 3DO, una console che tutti dicono di conoscere anche se in Italia non ha venduto neanche l'ombra di un joypad) e giunta all'invidiabile cifra di ventiquattro capitoli (l'ultimo è uscito lo scorso novembre), aveva davvero l'urgente bisogno di una trasposizione cinematografica? E ancora: il cinema automobilistico, ormai prigioniero di se stesso e schiavo delle proprie indomabili e sempre più sgraziate creature (leggere alla voce Fast And Furious), necessitava di farsi ancora del male in questo modo?
Questo Need For Speed di Scott Waugh è nei cinema di mezzo mondo (beata l'altra metà!) da ieri, e la colpa non è da attribuire nè a quei rassegati dei videogiocatori, nè agli appassionati del cinema di genere chase movies. Si capisce benissimo che la Dream Works di Spielberg e la stessa Electronic Arts non sapevano minimanente cosa fare con un soggetto come questo. Basta andarlo a leggere su Wikipedia e pensare che ne è venuto fuori un lungometraggio di 130 minuti (sono due ore e dieci, signori!) per mettersi a ridere. Forse non è neanche dignitoso prendersela con il regista o con lo sceneggiatore (un certo George Gatins, fratello di John, regista, produttore e sceneggiatore piuttosto noto ad Hollywood), dato che da uno script simile poteva esser tratto qualcosa di decente solo se si chiamava Dio in persona a dirigere.
Veniamo al "cast": in ordine sparso, attori misconosciuti e che non sentivo il bisogno di conoscere; un Michael Keaton incommentabile tanto è imbarazzante; e, ancora una volta, chi sembrava tanto bravo nel piccolo schermo, sul grande proprio non rende, non ce la fa. E sto parlando di Aaron Paul, il Jesse di Breaking Bad che stavolta è stato preso, è stato pompato ed è stato infilato dentro una macchina con cui deve sfasciare mezza America per vendicarsi di quelli che lo hanno mandato per due anni in galera. Poco da aggiungere sui personaggi di contorno: le donne sono solo dei troioni messi lì a far vedere le tette e basta, e gli uomini sono tutti gonfi e tutti teste di cazzo in uguale misura.
<<NEL NOSTRO FILM NON ABBIAMO USATO IL COMPUTER!>> urlano da mesi i produttori, evidentemente fieri del risultato. Questo è vero: per quanto insolito possa sembrare (si parla di un film tratto da un videogioco, quindi da un qualcosa che è realizzato grazie ad un computer), Need For Speed è stato girato quasi totalmente senza l'ausilio degli effetti speciali digitali, prediligendo un lavoro stile anni '70, con molti stuntmen, molte auto e molti incidenti reali. Peccato che questa eccessiva voglia di realismo non aggiunga nulla alla pellicola: certo, fa comunque piacere vedere un qualcosa di lontano dai colori fastidiosi di Adrenalina Blu e dal montaggio ignobile di Fuori in 60 secondi, ma qui manca la motivazione di fondo. Uno spettatore dotato di cervello deve chiedersi <<Perchè quella Mustang sta volando?>> oppure <<C'era davvero bisogno di questa scena?>>. Così, ci si ritrova di fronte ad un prodotto che, nel suo voler essere più rudimentale ed "economico" (66 milioni contro i 160 dell'ultimo Fast And Furious), non è assolutamente migliore rispetto alla concorrenza: anzi, a momenti sembra di vedere l'episodio pilota di una serie televisiva brutta e scema ispirata a Fast And Furious ma con l'attore di Breaking Bad.
La mia speranza? che non diventi un fenomeno di costume, e che quindi non faccia presa sui ragazzetti di undici, dodici anni. Al massimo, potrà piacere a qualche quarantenne buzzurro e coatto che non vede l'ora di abbandonare la sala per rifare tutto per strada.
Nessun commento:
Posta un commento