Sono passati poco più di sei mesi dalla distribuzione nelle sale di Run All Night di Jaume Collet-Serra, pregevole action movie su un ex-killer della mafia irlandese che tenta di salvarsi da un cattivissimo boss di Hell's Kitchen interpretato da Ed Harris. Sempre Ed Harris era il boss di Hell's Kitchen nel dimenticato Stato di grazia (1990) di Phil Joanou, dove Sean Penn giocava di già a fare il poliziotto stradaiolo infiltrato. Risalendo ulteriormente un'ideale cronologia sulla malavita irlandese in America si arriva fino a Gli amici di Eddie Coyle (1973) di Peter Yates, film su una papabile trattativa mafia-FBI con un Robert Mitchum in stato di grazia. All'epoca delle riprese, Mitchum insistette con la produzione per incontrare un certo James Bulger, gangster di South Boston, ma non fu possibile. La storia di quel James Bulger viene narrata oggi in Black Mass di Scott Cooper, approdato in laguna (fuori concorso) lo scorso settembre e anticipato da mille chiacchiere riguardanti più l'attuale stato fisico di Johnny Deep che non la reale validità cinematografica dell'opera in sè.
In effetti, Cooper fornisce a Deep il suo miglior ruolo da diversi anni a questa parte (per chi scrive, dai tempi del magnifico Nemico pubblico di Mann, datato 2009): biondo, stempiato, occhi glaciali, buzza alcolica, denti orribili e una cattiveria orticante. Intorno a lui si raduna un cast dove irlandesi semi-sconosciuti funzionano meglio di tante star. La performance di Cumbercatch- per quanto osannato a destra e a manca -nei panni del fratello senatore Billy non è niente di straordinario, così come puzza di macchietta il federale gigione Kevin Bacon.
Ancora una volta, guardie e ladri dialogano, si stimano, si ammirano. Non mancano cadaveri e tensioni assortite, doppiogiochismi e tradimenti. Insomma, non manca nulla di tutto quello a cui Scorsese (inevitabilmente tenuto d'occhio, specie nella prima parte), Mann, De Palma e recentemente perfino Ridley Scott (Black Mass ha diversi debiti con American Gangster) ci hanno abituati. Peccato che la prova di Cooper (bravissimo nelle assolate praterie musicali di Crazy Heart) sia soltanto una copia sbiadita, facilotta e perfino un po'noiosa di quelle di questi maestri. Black Mass non inventa, ma nemmeno reinventa, non osa e non rilascia giudizi. Lascia freddi come un serial poliziesco discretamente congegnato da guardare in seconda serata per poi andare a letto e non conservarne memoria alcuna al risveglio.
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