"Il Rock&Roll è un lavoro duro."
Patti Smith, 1977
Anticamente, alle donne era preclusa l'arte della musica. Nell'età dell'oro della musica barocca, i conservatori europei non potevano ammettere studentesse e i soprani erano spesso maschi castrati (una moda che addirittura approdò anche nel Nuovo Mondo). Il gentil sesso non sempre poteva calcare le scene teatrali e ai tempi dello Stato della Chiesa qualche papaccio se ne saltò addirittura fuori con una legge che mirava ad esiliare da Roma le cantanti donne.
La donna e la musica erano due entità considerate fonte di pericolo e di immoralità, qualora unite. I bordelli straripavano di valide (e maledette) cantanti anche ai primi del Novecento. I borghesi e gli aristocratici mantenevano le ballerine e le riempivano di belle promesse fin quando non se ne stufavano, abbandonandole sulla strada o, peggio ancora, alla mercè di qualche pappone. Il jazz fu un'ancora di salvezza e un appiglio primario per moltissime cantanti della prima ora: Billie Holiday, Ma Rainey o Big Mama Thornton nascevano come prostitute o donne poverissime, ma anche forti e disposte a tutto pur di arrivare il più lontano possibile grazie al dono del canto. Bessie Smith, detta anche "l'imperatrice del blues", fu una delle prime a stipulare un contratto con una casa discografica (la Columbia) e a vendere miriadi di dischi (800.000 copie nel 1923!), ma fu anche un'artista avvolta nella sofferenza più cieca e destinata a morire giovane in seguito ad un incidente automobilistico, devastata da alcool ed eroina. Gli stessi vizi che fecero ammalare di epatite e uccisero, nel 1959, Billie Holiday e che, undici anni dopo, si sarebbero portati via anche un'altra cantante, una bianca. Janis Joplin, la cui vita è narrata in un bel documentario di Amy Berg al cinema in questo periodo.
Janis parla della vita di Janis Joplin, folle e geniale figura che gettò il ponte fra le grandi black singers della tradizione popolare e le hippies della prima ora. Texana, di Port Arthur, crebbe ascoltando Bessie Smith, Ella Fitzgerald, Hank Williams e Leadbelly. Militò in alcune formazioni bluegrass prima di scoprire le droghe e la bottiglia e, soprattutto, prima di scappare di casa per trasferirsi a San Francisco, dove nel 1966 si unì ai Big Brother & The Holding Company, punto di partenza della sua inarrestabile ascesa artistica. Tutto ciò che avvenne dopo il Festival di Monterey (1967) è storia: l'uscita di Cheap Thrills (1968) e l'allontanamento dai Big Brother, il soul screziato di rock di I Got Dem Ol'Kozmik Blues Again Mama! (1969), la fondazione della Full Tilt Boogie Band e l'incisione di Pearl, uscito postumo nel 1970.
Il documentario della Berg indaga su quei brevi e furiosi ventisette anni di vita passata a cantare, bere, drogarsi, soffrire e fare l'amore. Racconta di come la Joplin, col suo carattere egocentrico e ardentemente lunatico, divorasse chiunque decidesse di averla accanto sia come partner musicale che nella vita. Descrive le disavventure amorose di una voce possente e intensa, svela i segreti reconditi di testi un po' amari e un po' dolci, come quel Southern Comfort di cui era accanita consumatrice. Ma al di là della sua dimensione prettamente biografica, Janis mette sotto la lente di ingradimento il mestiere della cantante come nessun altro rockumentario ha mai fatto prima d'ora e non tanto casualmente decide di partire da lei, da Janis: la più grande di tutte le cattive ragazze del rock&roll.
Patti Smith, 1977
Anticamente, alle donne era preclusa l'arte della musica. Nell'età dell'oro della musica barocca, i conservatori europei non potevano ammettere studentesse e i soprani erano spesso maschi castrati (una moda che addirittura approdò anche nel Nuovo Mondo). Il gentil sesso non sempre poteva calcare le scene teatrali e ai tempi dello Stato della Chiesa qualche papaccio se ne saltò addirittura fuori con una legge che mirava ad esiliare da Roma le cantanti donne.
La donna e la musica erano due entità considerate fonte di pericolo e di immoralità, qualora unite. I bordelli straripavano di valide (e maledette) cantanti anche ai primi del Novecento. I borghesi e gli aristocratici mantenevano le ballerine e le riempivano di belle promesse fin quando non se ne stufavano, abbandonandole sulla strada o, peggio ancora, alla mercè di qualche pappone. Il jazz fu un'ancora di salvezza e un appiglio primario per moltissime cantanti della prima ora: Billie Holiday, Ma Rainey o Big Mama Thornton nascevano come prostitute o donne poverissime, ma anche forti e disposte a tutto pur di arrivare il più lontano possibile grazie al dono del canto. Bessie Smith, detta anche "l'imperatrice del blues", fu una delle prime a stipulare un contratto con una casa discografica (la Columbia) e a vendere miriadi di dischi (800.000 copie nel 1923!), ma fu anche un'artista avvolta nella sofferenza più cieca e destinata a morire giovane in seguito ad un incidente automobilistico, devastata da alcool ed eroina. Gli stessi vizi che fecero ammalare di epatite e uccisero, nel 1959, Billie Holiday e che, undici anni dopo, si sarebbero portati via anche un'altra cantante, una bianca. Janis Joplin, la cui vita è narrata in un bel documentario di Amy Berg al cinema in questo periodo.
Janis parla della vita di Janis Joplin, folle e geniale figura che gettò il ponte fra le grandi black singers della tradizione popolare e le hippies della prima ora. Texana, di Port Arthur, crebbe ascoltando Bessie Smith, Ella Fitzgerald, Hank Williams e Leadbelly. Militò in alcune formazioni bluegrass prima di scoprire le droghe e la bottiglia e, soprattutto, prima di scappare di casa per trasferirsi a San Francisco, dove nel 1966 si unì ai Big Brother & The Holding Company, punto di partenza della sua inarrestabile ascesa artistica. Tutto ciò che avvenne dopo il Festival di Monterey (1967) è storia: l'uscita di Cheap Thrills (1968) e l'allontanamento dai Big Brother, il soul screziato di rock di I Got Dem Ol'Kozmik Blues Again Mama! (1969), la fondazione della Full Tilt Boogie Band e l'incisione di Pearl, uscito postumo nel 1970.
Il documentario della Berg indaga su quei brevi e furiosi ventisette anni di vita passata a cantare, bere, drogarsi, soffrire e fare l'amore. Racconta di come la Joplin, col suo carattere egocentrico e ardentemente lunatico, divorasse chiunque decidesse di averla accanto sia come partner musicale che nella vita. Descrive le disavventure amorose di una voce possente e intensa, svela i segreti reconditi di testi un po' amari e un po' dolci, come quel Southern Comfort di cui era accanita consumatrice. Ma al di là della sua dimensione prettamente biografica, Janis mette sotto la lente di ingradimento il mestiere della cantante come nessun altro rockumentario ha mai fatto prima d'ora e non tanto casualmente decide di partire da lei, da Janis: la più grande di tutte le cattive ragazze del rock&roll.