Smashing Pumpkins,
Monuments To An Elegy
(BMG, 2014)
★½
Risale a pochi giorni fa l'intervista in cui Billy Corgan, ospite di Howard Stern, aveva da ridire sul fatto che i Pearl Jam riempissero gli stadi pur non essendo al pari, sul piano delle capacità, di Beatles, Rolling Stones o Kinks. Sempre nel corso della stessa, ha trovato pure il tempo di definire i Foo Fighters dei bravi musicisti che però suonano e risuonano sempre la stessa canzone da un ventennio. A sua detta, invece, è lui l'unico ex-grungista che ha avuto il coraggio di cambiare, di sperimentare, di osare laddove tutti i suoi vecchi colleghi, compaesani e compagni d'avventura non sono riusciti ad arrivare.
Quello che però Corgan omette ma che farebbe bene a dire è che lui ha fatto una buona cosa (sciogliere il gruppo nel 2001), ma ne ha mancata una ottima (cioè ritirarsi). Perchè va bene che Sonic Highways dei Foo Fighters non è piaciuto neanche a me, ma qualcuno ha avuto il coraggio, negli ultimi sette anni, di ascoltare la musica dei riformati Smashing Pumpkins (che poi non sono altro che Corgan solista circondato da una manica di sessionsmen umili e servili)? Se si sono amati dischi come Gish o Siamese Dreams, non si può che rimanere sconcertati dalla pochezza dei giganteschi album prodotti dal gruppo negli ultimi anni, labirintici come neanche Lou Reed si è mai permesso di essere (lui che avrebbe pure potuto!), noiosi e masturbatori come una playlist di una webradio indie con d.j. italiani che devono parlare per forza in inglese e francese. A parte che per me, dopo Mellon Collie, era inutile continuare a credere negli Smashing Pumpkins, perchè era ormai chiaro come il sole che il grunge fosse finito e che nessun altro sarebbe più riuscito a riportarlo a quei livelli (che poi nel caso di Mellon Collie sono gli stessi di In Utero o Vitalogy); ma da lì a sospettare che un giorno Corgan se ne sarebbe saltato fuori con progetti come Zeitgeist, Oceania o quest'ultimo Monuments To An Elegy ce ne corre.
Being Beige è stato un brutto singolo, un preludio sgradevole a trentadue minuti di brutta musica che incrocia sonorità alternative con velleità prog e tenta una scarna emulazione del sound del passato. I noti orrori e incubi dei due Machina ritornano a infestarci le orecchie con pezzettini quali Drum+Fife, mentre One And All non si distanzia più di tanto dalle melodie imbecilli che infestano la nostra epoca. C'è qualche segnale di idea in Dorian e Anaise!, ma proprio non bastano a offrire qualcosa che non sia un banale e oscuro rock alternativo con pruriti pop sparsi qua e là.
In un mondo musicale dignitoso, gli Smashing Pumpkins non dovrebbero essere i modelli di nessuno, prigionieri come sono del proprio leader arrogante, miope e superbo (tre grandi difetti per una rockstar). Tuttavia, i nuovi fans sembrano felici di perdersi (volontariamente) nelle orchitiche creazioni post-tutto della band: perciò, come dice il proverbio, "mal voluto non è mai troppo".
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