Ogni giorno persone mediocri cercano di ucciderci coi loro luoghi comuni, luoghi comuni a cui noi dobbiamo rispondere col pensiero, con l'intelligenza e con la dialettica, ma anche con un sonoro <<Vaffanculo!>>. Venerdì sera, ad esempio, ho assistito a una dimostrazione di mera, sconfortante mediocrità. Sabato mattina mi è successo altrettanto, al che mi è venuto spontaneo pormi la domanda che si erano fatti anche Joe Strummer e Mick Jones in un loro singolo molto famoso, molto venduto e pure bruttino: <<Devo restare o me ne devo andare?>>. Io in questi casi me ne vado, ma me ne vado di buon umore.
In realtà, mi viene in aiuto il pensiero che nel pomeriggio avrò tutto il tempo per veleggiare col Brune verso i dintorni di Firenze, più precisamente a Scandicci, nel cui Palasport si tiene una mostra-mercato di fumetti e dischi ormai celebre. Il rendez vous col Brune è fissato per le 14:30, mentre Lore "Il Duca" Bianchi (che nella rubrica del mio nuovo Huawei ho inglesizzato battezzandolo direttamente Lollo Whites) arriva in tram. L'autunno, sulla carta, è iniziato da due giorni, ma fuori la temperatura si aggira sui 32° e io continuo a godere del beneficio dei pantaloni corti. La prima buona notizia è che subito di fianco all'ingresso trova spazio un bar ben fornito dove ci rifocilliamo: il Brune ordina il diciottesimo caffè della giornata, Il Duca- astemio e notoriamente alieno a quelli che Andreotti definiva "vizi minori" -si concede un Esta Thè al limone, io prendo una boccetta di acqua di frigo, che sorseggio avidamente. Diamo un'occhiata in giro e io avverto solo vibrazioni positive: nessun cosplayer, pochissimi nerd fastidiosi, spazio relegato ai fumetti ridotto al minimo. Alcuni banchi di fumetti integrano anche figurine, gadget, action-figures e altre amenità con cui però non sono sintonizzato: lascio comunque al Duca il compito di esprimersi esplorando certe scaffalature. Nel frattempo, ci affacciamo sulla zona che si rivelerà la più significativa e curata di tutta la mostra: quella dei dischi. Premetto che non sono un grande frequentatore di fiere del disco e penso di avere i miei motivi: il primo è che questi eventi sono un terreno di gioco più consono ai collezionisti che non ai musicofili; il secondo è che io, acquistando e ascoltando in formato fisico ed essendo il mio formato fisico di riferimento i cd, non traggo grande giovamento da frequentare mostre e mercati dove il novanta percento delle attenzioni sono dirottate sui vinili; il terzo è che- con le dovute eccezioni -una significativa fetta degli espositori si limita a promuovere materiale generico e maltenuto, preferendo vendere i "pezzi migliori" e le rarità più ambite su internet. Altrettanto consapevolmente, però, mi rendo conto che oggi di occasioni per scambiarsi opinioni e idee sulla musica non è che ce ne siano rimaste molte. Anzi, visti i tempi che corrono e i negozi che chiudono, direi che anche in fatto di spazi per poter fruire della musica, spulciarla, sceglierla e comprarla non siamo messi bene. Perciò, se ne possiamo approfittare tanto meglio.
Ho lo zainetto di pelle e la mia lista dei dischi da comprare nel 2018. Sono a un buon punto e comunque lontano da completarla, anche perché mi viene naturale ritoccarla e modificarla di continuo e ogni due, tre acquisti, più o meno, ne aggiungo uno nuovo da fare. Inizio a pescare da dei brutti contenitori di plastica di un espositore del nord, uno che sembra più interessato a vendere dei grossi e costosi poster coi personaggi di qualche manga che non i cd (cd che pure possiede in abbondanza). Il prezzo è estremamente economico (dai due ai cinque euro a disco), gli album però difficilmente provengono da prima del 1989. La mia lista comprende di tutto (dalla musica brasiliana al country, passando per colonne sonore e rock generico), ma è logico che il grosso dei titoli graviti attorno ai '60-'70. Con dodici euro mi porto a casa Living with the Law di Chris Whitley (c'è chi lo ha definito il più bel disco di esordio degli anni '90, insieme a Grace di Jeff Buckley), Bringing Down the Horse degli Wallflowers e una consunta copia dell'omonimo di Rickie Lee Jones. Pur non essendo il mio ambito, visito uno stand di un pistoiese che vende solo ed esclusivamente progressive: gli appassionati da lui fanno la fila. Chiedo una copia in cd di Entertainment dei Family e mi dice che l'unica l'ha venduta in mattinata. Sento un tale domandargli se tratta anche dischi metal e lui risponde negativamente. <<Peccato, te ne vendevo un migliaio a poco. Robaccia della mia gioventù che sta in soffitta a prendere polvere...>>. Inorridisco. Per me- eccetto i doppioni -è impensabile vendere i propri dischi, neppure quando assumono le forme di errori (od orrori) giovanili. Magari non ce ne rendiamo conto vivendo un'età di transizione che somiglia a una prolungata e ridicola giovinezza, ma tutto resta a ricordare il solco che abbiamo tracciato per arrivare fino qui.
Ho praticamente già finito di girare la fiera. Nel frattempo, il Brune ha comprato un intera serie a fumetti Dark Horse pagandola appena venti euro e si è aggiudicato- a prezzo ampiamente competitivo -la prima edizione di Batman Vs. Predator, un albo che nel 1992 spopolò e valse persino un Eisner Award ad Adam Kubert per l'eccellente opera di inchiostrazione. Lore ha finito col farmi compagnia: snobba i fumetti e predilige rincorrere qualche album in vinile e domandare di certi 45 giri che brama ardentemente. Sfogliamo degli adesivi di donne nude e vedo di trovarne qualcuno adatto a Ginetta: tuttavia, mi fermo a meditare sugli imperversanti tempi di cattofemminismo moralista in cui siamo costretti a vivere e lascio che il perbenismo freni le mie esuberanti voglie consumistiche. Richiudo il libidinoso e perverso raccoglitore per lasciarmi perforare l'occhio da uno stand che non ho ancora visitato. Dei cartelli parlano chiaro: ampia scelta di materiale psichedelico (distinto fra USA e UK, quindi l'attestato di serietà il negoziante in questione se lo è già ampiamente guadagnato) e folk-rock inglese d'epoca. Inizio a scartabellare, ma non trovo nulla di quello che mi occorre: Basket of Light dei Pentagle, una dozzina di retrospective dei Dead, gli omonimi e introvabili album della Diga Rhythm Band e dei Great Speckled Bird, Easter Everywhere dei 12th Floor Elevators nella limited edition inglese, Hurdy Gurdy Man di Donovan, She used to wanna be a Ballerina di Buffy Sainte-Marie, Oar di Skip Spence, per citarne alcuni che il banco in questione potrebbe avere.
Tuttavia, mi basta svoltare un angolo per trovare ottime cose: un cd tenuto come nuovo del Live at Budokan di His Bobness preso con l'equivalente di tre caffè, una eccelsa sezione di southern-rock da cui riporto a casa ben tre album (fra cui uno uscito appena tre anni fa), Sunflower dei Beach Boys. Scorro la discreta selezione di cd di Van Morrison, ma di Veedon Fleece in cd non c'è traccia. <<Ce l'ho in vinile>>, dice il tipo (pisano?) mostrandomene una copia imbustata e tenuta splendidamente. Sono già dentro la copertina, su quel prato verde e inizio a sentire vicino il pelo caldo e folto dei levrieri irlandesi quando torno in me e mi accorgo che sto dando l'impressione di essere uno di quei feticisti disposti a donare un rene pur di avere uno sconto sul prezzo di un 33 giri. <<Viene 60, ma te lo faccio 55>>. <<No grazie, compro solo in cd!>>. Potrebbe essere uno splendido motto per una maglietta. Concludo la visita buttando una rapida occhiata alla piccola sezione giapponese dello stand: SACD di Dylan come piovesse, pregiate confezioni Original Master Recording, SHMCD degli Allman, tutta bella roba, eppure un dubbio permane e provo a confrontarmi coi miei due compagni di fiera. <<Ma tutta questa gente che negli ultimi anni ricompra in vinile tutto ciò che magari per tre decenni ha comprato in cd che problemi ha?>>. I miei amici mi squadrano con l'aria di chi si domanda <<Ma questo che problemi si fa?>>. Il Brune spezza l'incantesimo e ci riporta sulla terra con un quesito più congruo che condensa al meglio l'intero pomeriggio: <<Ci avete fatto caso? In questi posti la fica è sempre drammaticamente assente>>.
I miei dischi (aprile 2006). |
Tuttavia, mi basta svoltare un angolo per trovare ottime cose: un cd tenuto come nuovo del Live at Budokan di His Bobness preso con l'equivalente di tre caffè, una eccelsa sezione di southern-rock da cui riporto a casa ben tre album (fra cui uno uscito appena tre anni fa), Sunflower dei Beach Boys. Scorro la discreta selezione di cd di Van Morrison, ma di Veedon Fleece in cd non c'è traccia. <<Ce l'ho in vinile>>, dice il tipo (pisano?) mostrandomene una copia imbustata e tenuta splendidamente. Sono già dentro la copertina, su quel prato verde e inizio a sentire vicino il pelo caldo e folto dei levrieri irlandesi quando torno in me e mi accorgo che sto dando l'impressione di essere uno di quei feticisti disposti a donare un rene pur di avere uno sconto sul prezzo di un 33 giri. <<Viene 60, ma te lo faccio 55>>. <<No grazie, compro solo in cd!>>. Potrebbe essere uno splendido motto per una maglietta. Concludo la visita buttando una rapida occhiata alla piccola sezione giapponese dello stand: SACD di Dylan come piovesse, pregiate confezioni Original Master Recording, SHMCD degli Allman, tutta bella roba, eppure un dubbio permane e provo a confrontarmi coi miei due compagni di fiera. <<Ma tutta questa gente che negli ultimi anni ricompra in vinile tutto ciò che magari per tre decenni ha comprato in cd che problemi ha?>>. I miei amici mi squadrano con l'aria di chi si domanda <<Ma questo che problemi si fa?>>. Il Brune spezza l'incantesimo e ci riporta sulla terra con un quesito più congruo che condensa al meglio l'intero pomeriggio: <<Ci avete fatto caso? In questi posti la fica è sempre drammaticamente assente>>.
Uno scatto di infima qualità fatto al bottino scandiccese (settembre 2018). |
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