George Martin (il produttore e baronetto, non lo scrittore) scrive nelle sue memorie che Paul Buckmaster, scomparso lo scorso 7 novembre, era il più bravo di tutti.
Paul Buckmaster è stato un buon direttore d'orchestra, ma soprattutto un impareggiabile arrangiatore. In Italia lo ricordiamo principalmente per due motivi. Il primo, è che lui stesso aveva origini italiane da parte di madre (la signora veniva da Napoli), il secondo è che la sua abilità, il suo mestiere sono stati fondamentali in almeno due o tre bei dischi pubblicati nel nostro paese. Sul primo omonimo LP di Angelo Branduardi Paul Buckmaster figura come musicista, autore e produttore; suoi sono i synth e il missaggio nello stratosferico Rosso napoletano di Toni Esposito; sua buona parte dell'opera di arrangiamento di un disco forse poco ricordato e uscito a firma di Teresa de Sio, Toledo e regina, anno 1986.
Il primo pezzo che ho ascoltato consapevole che fosse stato lui ad arrangiarlo è Sway degli Stones, roba che ancora dopo tanti anni continua a spalancare le porte a suggestioni emotive molto profonde.
Col tempo, ho scoperto che l'apporto di Buckmaster è stato fondamentale anche in tante altre canzoni che amo e che da anni ho consegnato a quell'archivio mentale dove stanno riposti i capolavori. Ora che non è più fra noi, sembrano scritti apposta per lui i versi di Dress Rehearsal Rag "Where are you golden boy/Where is your famous golden touch?".
La sera, a cena, mi abbandono alla circumnavigazione di alcuni pensieri. Guardo i lampioni gialli accesi fuori, nella nebbia. Ce ne ha messo di tempo, ma è finalmente arrivato il momento dell'anno che meteorologicamente e visivamente associo al mio compleanno. <<Che fava!>>, mi dico, <<Quasi trent'anni su questo pianeta e me no sto qui, a pensare se You're so Vain sarebbe stata la stezza canzone senza l'arrangiamento di Paul Buckmaster... mah, dove andremo a finire?>>.
Poi mi viene in mente che forse, alla fine, la persona fortunata sono io. Conosco gente che è rimasta impantanata in un pressapochismo davvero dannoso e da lì non vuole muoversi, amici con cui abbiamo viaggiato lungo le stesse strade ma che hanno imboccato uscite differenti dalla mia (alcune sicuramente migliori, ma su altre non ci scommetterei troppo), persone ripiegate su se stesse, intente a coltivare un individualismo senza freni e ad allungare il brodo della loro autoreferenzialità, conoscenti spettatori di X-Factor Italia a cui non puoi neanche provar a spiegare cos'è la sindrome del melisma italo-giorgiano di seconda discendente senza che questi ti offendano accusandoti di supponenza, saccenza e intellettualismo, ragazze che non vedo e non sento da anni ma che sono comunque convinte di aver migliorato la loro esistenza passando da Guccini a Brunori Sas, dai Metallica ai Cigarettes After Sex e a cui vorrei solo dire <<Tesoro, mi dispiace per te, questa non è maturità, ma deterioramento>>. Al netto di incertezze, insicurezze, vizi e incorreggibili difetti, mi sento fortunato, anche perchè per onorare la memoria di Paul Buckmaster metto su Terrapin Station (edizione espansa e rimasterizzata su HDCD). Quando i Dead si trovarono a dover sovraincidere la lunga parte centrale della suite omonima, pensarono di confrontarsi con una vera orchestra e i nastri volarono a Londra, per finire fra le mani di Buckmaster, che dal canto suo definì "perfetto" il drumming di Bill Kreutzmann adottato nel brano. E, in effetti, come dargli torto?
Ma perchè poi non fare un salto indietro fino al 1969 per lasciarsi incantare dall'arrangiamento adottato su The Greatest Discovery di Elton John (arrangiamento di cui avrebbe conservato a lungo memoria anche "Ciccio" De Gregori)?
Oppure perchè non rispolverare una fra le grandi ballads vergate negli anni Duemila, ossia quella Drops of Jupiter dei Train che a Buckmaster valse pure un Grammy nella categoria "miglior arrangiamento"? Musica che non sentivo, letteralmente, da anni e che non ha perso un'oncia della propria grazia.
E poi come dimenticare il suo fondamentale apporto in quattro dei quattordici brani di Chinese Democracy, che non mi stanco mai di ricordare, con ogni probabilità, come il disco più citato e meno ascoltato di tutti i tempi? Portano la firma di Buckmaster numerosi interventi in ambito di arrangiamento e orchestrazione di Street of Dreams, There Was a Time, Madagascar e Prostitute. Il suo ingaggio, di poco successivo a quello di Marco Beltrami, risale al periodo 2005-2006, quando la Geffen aveva già imprudentemente diffuso una data di uscita dell'album (6 marzo 2007, puntualmente rimandata), e fu tenuto, ovviamente, segretissimo. Ciò nonostante, si prese cura di due pezzi già molto famosi in sede live e mutò non di poco la forma sia di TWAT che di Prostitute. E dal momento che considero TWAT una delle dieci canzoni dei GNR più belle di sempre e che non ho mai mancato di tributarle i giusti onori qui sul blog, ritengo oggi più giusto diffondere un'altra perla di questo magico, conturbante album:
Concludo, tanto per dare un'idea della trasversalità (non necessariamente un sostantivo a cui apporre una denotazione negativa e jovanottiana) del personaggio vorrei raccomandare un ascolto che mi esporrà pericolosamente all'abisso della contraddizione. Sì perchè, pur da amante di Miles Davis, On the Corner l'ho sempre digerito poco. Recentemente, avevo mostrato questa mia carenza su Facebook e un paio di amici sono prontamente e gentilmente (e chi ne possiede un account sa quanto rara sia la gentilezza su Facebook) intervenuti a riguardo, invitandomi ad un nuovo ascolto dell'album. Penso proprio che li darò retta, anche perchè puoi chiamarti Miles Davis quanto vuoi, ma se perfino tu, giunto a un certo punto della tua carriera, hai bisogno di un Paul Buckmaster, un motivo dovrà pur esserci. No?
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