Radiohead,
A Moon Shaped Pool
(XL Recordings, 2016)
★
Si fa fatica a trovare musica buona uscita in questa prima fase della primavera. Santana IV è forse uno dei pochi dischi validi che mi vengono in mente. Per chi piace, c'è il nuovo di Capossela, Le canzoni della Cupa, con dentro i Calexico, Flaco Jimenez e i Los Lobos: a me, nella fattispecie, Capossela dice poco, ma almeno sembra avere (ha) qualcosa da dire. Barry Adamson dei Bad Seeds ha fatto un bel disco solista (Know Where To Run) passato inosservato e pure Peter Wolf si è dato da fare col nuovo Cure For The Loneliness, e poi basta.
Meno male che ci pensa Axl Rose dal palco degli AC/DC a dare qualche lezione di civiltà, altrimenti saremmo davvero fottuti! Fottuti da quel borioso di Zucchero Fornaciari che gioca a fare Dr. John sulla copertina del suo ultimo troiaietto, fottuti dal ministro della cultura Franceschini che chiede più musica gratis (cazzo, più gratis di così? ormai la gente si sente raggirata se deve spendere 5€ per un disco), fottuti dall'Eurofestival del quale ho pure guardato sei minuti stasera su un canale RAI, fottuti da chi asserisce che "ormai il futuro della musica va cercato nei talent show".
E poi fottuti dai Radiohead e dal loro nuovo auto-pippone clamoroso, A Moon Shaped Pool, che arriva "a sorpresa" e già solo per questo viene definito un'opera coraggiosa, a prescindere dai rumorini contenuti al suo interno. Nel 2007, In Rainbows si beccava minimo quattro stellette solo perchè Thom Yorke aveva pensato di renderlo scaricabile online con un sistema di offerta libera per ogni brano: perciò, anche a livello di marketing, fra dischi "a offerta" e dischi "a sorpresa", i Radiohead rompono i coglioni in partenza. Ah, e In Rainbows non valeva mezzo euro.
Questa manica di depressi- di cui ho ascoltato tutto fino allo sfinimento e della cui carriera ultraventennale potremmo salvare due dischi (Ok Computer e Kid A) e una trentina di canzoni -sembra esser rimasta cinque anni (tanti ne sono passati da The King Of Limbs, che è meno peggio di quanto poteva essere) a tirarsela in studio e a scervellarsi più sul quesito <<A quale famoso regista affidiamo il prossimo videoclip?>> che non sulle canzoni. Canzoni che si rivelano da subito uno sfrantumamento di palle clamoroso.
Comunque, mi hanno molto divertito due recensioni comparse sulla stampa. La prima (Il Fatto Quotidiano) che, oltre all'ormai sputtanato epiteto di "capolavoro", lo definiva "un ritorno alle melodie per un disco lunare, da ascoltare ad occhi chiusi". E in effetti gli occhi dell'ascoltatore si chiudono molto facilmente già dopo pochi minuti. La seconda, invece, voleva essere più contenuta e si limitava ad asserire che il disco "cresce dopo ripetuti ascolti". Mi ha fatto ridere, perchè mi sono chiesto: <<Ma chi ha voglia di ascoltarlo ripetutamente un disco di merda così?>>.
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