Guy Clark
(Monahans, Texas, 6/11/1941- Nashville, Tennessee, 17/5/2016)
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Oggi, leggendo le versioni online de la Repubblica, il Corriere della Sera e di tutti gli altri giornali di gossip quotidiano, non ho provato particolare pena di coloro che non avevano dedicato più di due righe alla scomparsa del settantaquattrenne Guy Clark di Monahans, Texas. In un momento pseudo-culturale in cui tutti sono fans di tutti e tutti piangono e rimpiangono tutti, preferisco che il cadavere ancora caldo di questo anziano poeta fuorilegge venga lasciato in pace e che loro continuino imperterriti a parlare di tutti questi amatissimi reality, di Lollo "Jovanotti" Cherubini, di Zucchero Fornaciari, di Lucianone Ligabue e dei suoi periodici bestseller einaudiani, di Renato Zero ospite di Carletto Conti, di Laura "Morticia" Pausini, delle anticipazioni su Sanremo 2017, di Master Chef, del fatto che, secondo la Raffaella Carrà, Bob Dylan sia morto da 35 anni (lo ha detto proprio in uno di quei talentuosi giochini che si chiamano un giorno The Voice, quello dopo X-Factor, quello dopo ancora Italia's Got Talent) e di tutto ciò che, generalmente, viene messo lì a tener basso il livello. In più, viste anche la pirgrizia giornalistica e le inesattezze srotolate in seguito a morti ben più glamour (Bowie, Prince, Keith Emerson), c'è davvero da rallegrarsi del fatto che Guy Clark riposi sereno, libero da paroloni e strombazzamenti.
Quando scompaiono poeti e musicisti di questo calibro si è portati a riascoltare i loro dischi e una volta in più si tende a valutare l’impatto che certe canzoni hanno avuto sulla nostra vita. I grandi album (i grandi album rock in maniera particolare) hanno la capacità di farci compiere dei viaggi che nemmeno ci aspettiamo, di farci vivere avventure così lontane e diverse dal nostro quotidiano, di aprire la mente e il cuore su orizzonti che non sono i nostri. E i dischi di Guy Clark (alcuni, non tutti, si intende) non fanno differenza.
L'ESSENZIALE
Old n°1 (RCA, 1975) ★★★★★
Genio della scrittura e dell'arte di raccontare storie, Guy Clark prese parte attiva alla rivoluzione outlaw-country a metà anni Settanta inizialmente in qualità di autore e scrittore. Lui che non era il rampollo ribelle nato in famiglie benestanti come quelle di Townes Van Zandt o Kris Kristofferson, lui che non aveva già inciso singoli di successo come Willie Nelson o Waylon Jennings, lui che arrivava davvero dal deserto non poteva far altro che tentare fortuna altrove. Il suo pellegrinaggio californiano sulle tracce dei Byrds, dei Flying Burrito Brothers e di tutta la scena cosmic american si rivelò un fallimento e Guy rientrò nel Lone Star State assieme alla moglie pittrice Susanna. Sconfitto ma non domato, scrisse alcuni pezzi che sarebbero stati interpretati da Johnny Cash e Butch Hancock e venne chiamato a Nashville, che non era ancora l'odioso baraccone di plastica di oggi. Firmò per la RCA e incise il suo primo disco, uno dei capolavori-manifesto dell'outlaw-country: Old n°1. Old n°1 si spiega da solo ed è uno dei classici album da isola deserta.
The South Coast Of Texas (Warner Music, 1981) ★★★½
Disco transitorio e generalmente poco ricordato, The South Coast Of Texas è il ponte fra i temi outlaws dei primi tre album e un songwriting più maturo e borghese. Meno racconti di frontiera, sicuramente, pochi ammiccamenti alla cultura loser del Sud e una maggiore pulizia in fatto di arrangiamenti potrebbero però trarre in inganno: The South Coast Of Texas è il vero grande disco incompreso di Guy Clark. Da riscoprire nella versione cd pubblicata un paio di anni fa.
Old Friends (Sugar Hill Records, 1988) ★★★½
Disco cupo come la notte (e come la sua copertina, di nuovo con un bel quadro di Susanne), nostalgico e breve (non arriva a mezz'ora), Old Friends è la summa raggiunta da Clark negli anni Ottanta. Un cantautore che- come farà di lì a poco il Dylan di Oh Mercy -sceglie di porsi fuori dal mondo e dal tempo, circondato esclusivamente da pochi amici (Rosanne Cash, Rodney Crowell) e supportato da fidi collaboratori (Vince Gill, Emmylou Harris).
My Favorite Picture Of You (Dualtone Records, 2013) ★★★★
Sono passati quasi quarant'anni dai fasti di Old n°1. Susanne è morta nel 2012 e Guy Clark non ha smesso di comporre, cantare e costruirsi le chitarre nella sua rimessa. Il suo ultimo disco è un'opera da camera con tanto di archi, suonata e cantata in memoria della sua amatissima moglie. Impagabile il contributo di Shawn Camp, la violinista dell'Arkansas onnipresente fra i solchi di My Favorite Picture Of You.
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