Motorhead,
Bad Magic (Warner Music, 2015)
★★★½
Ormai è una faccenda privata, una sfida tra Lemmy Kilmister e il Demonio: se il primo, stella settantenne del rock più duro che ha da poco iniziato l'inevitabile parabola discendente della vita salutare, riuscirà a domare il secondo, o se sarà il Demonio a vincere e scaraventarlo definitivamente in qualche sanitario svizzero. Di questo e poco altro parlano i dischi dei Motorhead usciti da Inferno (2004) in poi e prodotti da Cameron Webb, e di questo parla pure il nuovo Bad Magic, un canto bello di un hard rock un po' cafone ma molto umano che sopravvive negli anfratti dell'industria musicale e nel cuore di certi appassionati.
La storia di questo immenso bassista, frontman cocciuto e tutto di un pezzo, della sua andatura un po' faticosa (quasi da cowboy) e al contempo energica, della sua voce fioca nelle interviste ma ruggente dal vivo e sui dischi, è una leggenda che si ascolta sempre volentieri, specie se scandita nei tredici capitoletti della tracklist. Victory Or Die è l'ennesimo assalto frontale contro i propri nemici, Thunder & Lightning un discreto (non di più) singolo promozionale, Fire Storm Hotel descrive la rivalsa del pioniere dell'hard rock sconfitto dalla "civiltà" del music-business odierno. Electricity, secondo singolo estratto, è uno dei migliori momenti di tutto Bad Magic e racconta quel poco che è rimasto dell'autentico spirito hard rock: il rito delle corna, qualche pogo, gli stivali, i chiodi di pelle e personaggi che ormai fanno parte di un folklore preciso. La breve The Devil sfoggia uno sfolgorante assolo di Brian May, ospite alla chitarra, mentre Evil Eye o Teach Them How To Bleed scorrono via senza impressionare nessuno: nulla di nuovo per chi sa bene quanti riempitivi possano contenere i dischi dei Motorhead. L'ululato autobiografico torna su Till The End, che dimostra quanto ancora possa valere Lemmy in termini di songwriter. Anche dalle righe del malinconico testo di When The Sky Comes Looking For You emerge qualcosa di più puro e resistente delle divise patinate e dell'ansia di denaro dei pescecani musicali: sotto a tutto c'è il cuore del rock&roll genuino e ruspante che batte, c'è la solidarietà istintiva di una famiglia a giro da quarant'anni come i Motorhead stessi, c'è l'affetto degli inossidabili fans sempre pronti, quando attaccano quei famosi quattro accordi di basso distorto, a gettarsi nella mischia.
Quanto assomiglia (nello spirito) ai primi album dei Rolling Stones (omaggiati, alla fine, nella cover di Sympathy For The Devil) questo Bad Magic, realizzato, nonostante tutto, negli anni di un inevitabile tramonto. I Motorhead hanno già realizzato che la violenza del potere, del denaro e dello stesso animo umano hanno fatto piazza pulita dello spirito del rock&roll. Eppure credono ancora che possa esistere un collante, un'emozione, un sentimento che per un attimo riporti tutto alle proprie radici. E che un cowboy di Stoke-on-Trent, anziano e ostinato, possa prendersi la rivincita su un Demonio imbattibile.
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