Fra il 1974 e il 1975, Neil Young continua, imperterrito, a realizzare le sue avventure musicali sospese fra acustica ed elettricità. Al Broken Arrow, materializza grazie alla magia dell'home-recording i suoi sogni più immediati e capricciosi, gioca con turnisti e compagni di viaggio e si inventa una sfilza di progetti che rendono implausibile qualsiasi collocazione immediata nel circuito discografico ufficiale. Questo accade, in particolare, con due album divenuti leggendari per la scelta del loro creatore di rimandarne puntualmente la pubblicazione: Homegrown e Chrome Dreams. Due viaggi sonori impossibili da percorrere per vie ufficiali, almeno fino ad oggi, quando Homegrown, intanto, ha visto la luce.
Homegrown sembra godere, sin dal primo ascolto, di un concept di fondo: ha come protagonista un artista tormentato che però rifiuta di realizzare un'opera squisitamente sentimentale e così finisce col rifugiarsi nella dimensione agricola del proprio privato. Ne consegue, nel bene e nel male, una galleria di quadretti provinciali e idilliaci dove il country rivisitato di Separate Ways e Try si intreccia con stornelli da coltivatore amatoriale di canapa (Homegrown, qui presente in una alternate version piacevole ma inferiore rispetto a quella apparsa in American Stars N'Bars) e porta Young a varcare la soglia del blues da sala biliardi (We Don't Smoke It No More, che dei blues del Loner non passerà di certo alla storia come il migliore), a intrecciare i sentieri del reading (Florida), ad alzare il volume delle chitarre in quella che è Vacancy (secondo singolo anticipatore e probabilmente miglior brano del disco).
Il messaggio di fondo è ancora affidato al pensiero già esposto nei solchi- quelli sì, geniali -di Time Fades Away: solo la musica può vincere il dolore. E quindi la splendida Mexico, l'arcinota Love is a rose (svelata al mondo, in questa stessa versione, già ai tempi di Decade), Kansas e l'originaria White Line si attestano, da subito, come vertici della produzione più intimista del canadese. Da sottolineare che Little Wing e Star of Bethlehem sono identiche a quelle che compaiono rispettivamente in Hawks & Doves e American Strars N'Bars e vanno ad abbellire questa parabola bucolica. Una novella narrata alla luce della luna del raccolto, una favola in cui il protagonista- seppur con una sua tenerezza -non perdona quelle rockstar che sviliscono la propria dignità artistica e la propria intelligenza (un tema che riaffiorerà, predominante, a fine anni '70 in Rust never sleeps). Un disco che rischia di deludere chi già ne conosceva, per vie traverse, i segreti e l'aspetto, ma pure che si impone su molti altri fronti come un recupero prezioso, un ulteriore tassello imperdibile assemblato nel garage del canadese.
*Quanto segue è la mia libera traduzione dell'intervista comparsa il 12 giugno 2020 sul New York Times.*
Alcuni anni fa, seduto
all'ombra degli alberi di Saratoga Springs, New York, ho avuto una
discussione di due ore con Bob Dylan che ha toccato Malcolm X, la
Rivoluzione francese, Franklin Roosevelt e la Seconda Guerra
Mondiale. A un certo punto, mi chiese cosa sapevo del massacro di
Sand Creek del 1864. Quando risposi “Non abbastanza”, si alzò
dalla sedia pieghevole, salì sul suo tourbus e tornò cinque minuti
dopo con le fotocopie che descrivevano come le truppe statunitensi
avevano massacrato centinaia di pacifici Cheyenne e Arapahoe nel
sud-est del Colorado. Data la natura della
nostra relazione, mi sono sentito a mio agio nel contattarlo ad
aprile, quando, nel mezzo della crisi del coronavirus, ha
inaspettatamente pubblicato l'epica canzone di 17 minuti Murder
Most Foul sull'assassinio di Kennedy. Da otto anni non rilasciava un'intervista (al di fuori della dichiarazione
apparsa sul suo sito web in occasione della vittoria del Premio Nobel
per la letteratura nel 2016), eppure ha accettato una chat
telefonica dalla sua casa di Malibu, che si è rivelata essere anche la sua
unica intervista prima del rilascio di Rough and Rowdy Ways, primo album di brani originali dai tempi di Tempest (2012).
Come la maggior parte
delle conversazioni con Dylan, quella su Rough and Rowdy Ways
ha finito col coprire territori complessi: trance e inni, blues
provocatori, desideri d'amore, giustapposizioni comiche, giochi di
parole, ardore patriottico, fermezza anticonformista, cubismo lirico,
riflessioni dell'età del crepuscolo e contentezza spirituale. Nell'eccezionale performance di Goodbye Jimmy Reed, Dylan onora il bluesman del Mississippi
con riff armonici feroci come un drago e testi osceni. Nel lento
blues Crossing the Rubicon, dice di sentire “le ossa sotto
la mia pelle” e considera le sue opzioni prima della morte: “Tre
miglia a nord del purgatorio/ a un passo dal grande oltre / Ho
pregato la croce e ho baciato le ragazze e ho attraversato il
Rubicone”. Mother of Muses è un inno al mondo naturale, con
cori gospel e figure militari come William Tecumseh Sherman e George
Patton (“che han aperto la strada a Presley per cantare / che ha
aperto la strada a Martin Luther King”). E Key West
(Philosopher's Pirate) è una meditazione eterea sull'immortalità
ambientata in un viaggio lungo la Route 1 verso le Florida Keys, con
la fisarmonica di Donnie Herron che ricorda il Garth Hudson della
Band e, di fondo, un sentito omaggio a Ginsberg, Corso e Kerouac.
Forse
un giorno scriverà una canzone o dipingerà un quadro per onorare
George Floyd. Negli anni '60 e '70, in seguito al lavoro dei leader
neri del movimento per i diritti civili, Dylan lavorò anche per
esporre l'arroganza del privilegio bianco e la cattiveria dell'odio
razziale in America attraverso canzoni come George
Jackson,
Only
a pown in their game e
The
Lonesome Death of Hattie Carroll.
Una delle prese di posizione più accanite sulla polizia e il
razzismo arriva dalla sua ballata del 1976 Hurricane:
“A Paterson è così che vanno le cose / Se sei nero potresti anche
non farti vedere per strada / A meno che tu non voglia disegnare il
calore”. Ho avuto un ulteriore, breve incontro con Dylan (79 anni
compiuti lo scorso 24 maggio), un giorno dopo la morte di Floyd a
Minneapolis. Chiaramente scosso dall'orrore che si era verificato nel
suo stato d'origine, sembrava depresso. “Non mi ha fatto molto male
vedere George torturato a morte in quel modo”, ha detto. “Era
qualcosa che va oltre il malvagio. Speriamo che la giustizia arrivi
rapidamente per la famiglia Floyd e per la nazione”. Quelli che
seguono sono estratti modificati da due nostre conversazioni.
TIMES-
Murder
Most Foul
è stata scritta come un elogio nostalgico per un tempo perduto?
BD-
Per
me non è nostalgico. Non penso a Murder
Most Foul
come una a una glorificazione del passato o a una sorta di espulsione
verso un'età perduta. Mi parla al momento. Lo ha sempre fatto,
specialmente quando ne stavo scrivendo i testi.
TIMES- Qualcuno ha messo all'asta un fascio
di trascrizioni inedite negli anni '90 che avresti scritto sull'omicidio
di J.F.K. Erano note in prosa per un saggio o speravi di
scrivere una canzone come Murder Most Foul da molto tempo?
BD- Non ero a conoscenza del fatto che
avrei voluto scrivere una canzone su J.F.K da molto tempo. Molti di questi documenti
messi all'asta sono falsi e i falsi sono facili da individuare,
perché qualcuno firma sempre il mio nome in fondo.
TIMES- Sei stato sorpreso dal fatto che
questa canzone di 17 minuti sia stata la tua prima hit a finire in testa alla classifica Billboard?
BD- Sì, sì.
TIMES-
I Contain
Multitudes
ha un passaggio potente: “Dormo con la vita e con la morte nello
stesso letto”. Suppongo che ci sentiamo tutti così quando
raggiungiamo una certa età. Cioè, tu pensi spesso alla mortalità?
BD-
Penso all'estinzione della razza umana. Il lungo e strano viaggio di
una scimmia nuda. Non per essere leggero, ma la vita di tutti è
davvero mostruosamente transitoria. Ogni essere umano, non importa quanto
forte o potente, è fragile quando si tratta di morire. Ci penso in
termini generali, comunque, non in modo personale.
TIMES-
Permane comunque una sorta di sentimento apocalittico in Murder Most Foul.
Sei preoccupato che nel 2020 abbiamo superato un punto di non
ritorno? Che tecnologia e iperindustrializzazione lavoreranno contro
la vita umana sulla Terra?
BD-
Certo, ci sono molte ragioni per essere preoccupati per questo. C'è
sicuramente molta più ansia e nervosismo in giro di quanto non ci
fosse prima. Ma questo vale solo per le persone di una certa età
come me e te. Abbiamo la tendenza a vivere nel passato, ma
siamo solo noi. I giovani non hanno questa tendenza. Non hanno un
passato, quindi tutto ciò che sanno è ciò che vedono e sentono, e
crederanno a tutto. Tra 20 o 30 anni saranno in prima linea. Quando
vedrai qualcuno di 10 anni, avrà il controllo tra 20 o 30 anni e non
avrà la minima idea del mondo che c'era prima. I giovani che sono
adolescenti non hanno praticamente ricordi nella loro memoria. Quindi è
probabilmente meglio entrare in questa mentalità il più presto
possibile, perché è la realtà. Per quanto riguarda la tecnologia,
rende tutti vulnerabili. Ma i giovani non la pensano così. A loro
potrebbe importare di meno. Le telecomunicazioni e la tecnologia
avanzata sono il mondo in cui sono nati. Il nostro mondo è già
obsoleto. TIMES- Cito una frase in False prohet:
“Sono l'ultimo dei migliori/ puoi seppellire il resto”. Questa mi
ha ricordato le recenti morti di John Prine e Little Richard. Hai
ascoltato, in segno di tributo, la loro musica dopo che sono morti?
BD-
Entrambi quei ragazzi erano trionfali nel loro lavoro. Non hanno
bisogno di nessun tributo. Tutti sanno cosa hanno fatto e chi erano.
E meritano tutto il rispetto e l'acclamazione che hanno ricevuto.
Nessun dubbio a riguardo. Ma io con Little Richard ci sono cresciuto. E
lui era lì prima di me. La sua musica ha contribuito a far scattare
la scintilla. Mi ha fatto sintonizzare su cose che non avrei mai
imparato da solo. Quindi penso a lui in maniera differente. John è
arrivato dopo di me. Quindi non è la stessa cosa. Li riconosco, ma
in modo diverso.
TIMES- Perché
molte persone non hanno prestato la dovuta attenzione alla produzione
gospel di Little Richard?
BD- Probabilmente perché la musica
gospel è la musica che porta buone notizie e in questi giorni di buone notizie non ce ne sono. Le buone notizie nel mondo di oggi sono come un
fuggitivo, trattato come un bandito e messo in fuga. Castigato.
Tutte quelle che riceviamo sono notizie pressoché inutili. E dobbiamo ringraziare
l'industria dei media per questo. Agitano le persone coi pettegolezzi
e la biancheria sporca. Notizie oscure che ti deprimono e ti
spaventano. Dall'altra parte abbiamo le notizie gospel, il Vangelo, così denso di esempi di
coraggio. Puoi dare ritmo alla tua vita o comunque provarci. E puoi
farlo con onore e principi. Ci sono teorie riguardanti l'effettiva
verità nel Vangelo, ma per la maggior parte delle persone non è
importante. Le loro vite sono consumate troppo in fretta. Troppe
influenze negative. Sesso, politica e omicidio sono la strada da
percorrere se vuoi attirare l'attenzione della gente. Ci eccitano,
questo è il nostro problema. Little Richard era un grande cantante
gospel. Ma penso che sia stato visto come un estraneo o un intruso
nel mondo della musica sacra. Non l'hanno accettato lì. E ovviamente
il mondo del rock'n'roll voleva fargli cantare Good Golly, Miss
Molly. Quindi la sua musica gospel non è stata accettata in
nessuno dei due mondi. Penso che sia successa la stessa cosa a Sister
Rosetta Tharpe. Non penso che nessuno dei due se ne sia preoccupato
troppo. Entrambi erano di quelli chiamati “persone di buon
carattere”. Little Richard: autentico, molto talentuoso e conosceva
se stesso, non era influenzato da nulla che provenisse dall'esterno.
So che era così. Ma anche Robert Johnson, anzi perfino di più.
Robert è stato uno dei più grandi geni creativi di tutti i tempi,
ma probabilmente non aveva un pubblico a cui rivolgersi. Era così in
anticipo sui tempi che non l'abbiamo ancora raggiunto. Il suo status
oggi non potrebbe essere più elevato di così, eppure, ai suoi
tempi, quelle canzoni incontravano un uditorio di persone confuse. E
questo ti dimostra che solo le persone fantastiche seguono il loro
percorso.
TIMES-
Nell'album Tempest suonavi
Roll on John come omaggio a John Lennon. C'è un'altra
persona per la quale vorresti scrivere una ballata?
BD- Quelle canzoni, per me, sono come un
qualcosa di appena uscito dal nulla che vaga nell'aria. Non ho mai
avuto intenzione di scriverne nessuna. Ma premesso tutto questo, ci
sono alcuni personaggi pubblici che sono solo nel tuo subconscio per
una ragione o per l'altra. Nessuna di quelle canzoni coi nomi
designati è scritta intenzionalmente. Cadono dallo spazio. Sono
sbalordito come chiunque altro per il modo in cui riesco a scriverle.
La tradizione popolare ha una lunga storia di canzoni sulle persone,
però si parla di John Henry, del Signor Garfield, di Roosevelt.
Immagino di essere semplicemente bloccato in quella tradizione.
TIMES- Onori molti grandi artisti della storia della musica nelle tue canzoni. La tua menzione di Don Henley e
Glenn Frey in Murder Most Foul è stata una sorpresa per me.
Quali canzoni degli Eagles ti piacciono di più?
BD- New Kid in Town, Life in
the fastlsane, e poi Pretty Maids All in a Row, chepotrebbe
essere una delle migliori canzoni di sempre.
TIMES-
Nella stessa canzone fai riferimento anche ad Art Pepper, Charlie
Parker, Bud Powell, Thelonious Monk, Oscar Peterson e Stan Getz.
Ecco, in che modo il jazz ti ha ispirato come cantautore e poeta
nella tua lunga carriera? Ci sono artisti jazz che hai ascoltato
ultimamente?
BD- Forse le
prime cose di Miles Davis su Capitol Records. Ma cos'è il jazz poi?
Dixieland, bebop, fusion sparata ad alto volume? Cosa si può
chiamare jazz? Sonny Rollins? Mi piacciono le cose calypso di Sonny,
ma è jazz? Jo Stafford, Joni James, Kay Starr, penso che fossero
tutti cantanti jazz. King Pleasure, questa è la mia idea di cantante
jazz. Non lo so, puoi inserire qualsiasi cosa in quella categoria. Il
jazz risale ai ruggenti anni Venti. Paul Whiteman fu chiamato il re
del jazz. Sono sicuro che se avessi fatto la stessa domanda a Lester
Young, non avrebbe saputo di cosa stai parlando. Però, qualcuno mi
ha mai ispirato? Bene sì. Probabilmente molto. Ella Fitzgerald come
cantante mi ispira. Oscar Peterson come pianista, assolutamente.
Qualcuno mi ha ispirato come cantautore? Sì, Ruby, My Dear di
Monk. Quella canzone mi ha spinto in una direzione per fare qualcosa
del genere. Ricordo di averla ascoltata ancora e ancora.
TIMES- Qual è il
ruolo dell'improvvisazione nella tua musica?
BD- Nessuno. Non è possibile cambiare la natura di una canzone dopo
averla inventata. Puoi impostare diversi schemi di chitarra o piano
sulle linee strutturali e andare da lì, ma non è improvvisazione.
L'improvvisazione ti lascia aperto a prestazioni buone o cattive e
l'idea è di rimanere coerente. Fondamentalmente suoni sempre la
stessa cosa nel modo più perfetto possibile.
TIMES- I Contain
Multitudes è sorprendentemente autobiografica in alcune parti.
Gli ultimi due versi emanano uno stoicismo che non fa prigionieri,
mentre il resto della canzone sembra un confessionale umoristico. Ti
sei divertito alle prese con impulsi contraddittori di te stesso e
della natura umana in generale?
BD- Non ho dovuto
davvero scervellarmi molto. È il tipo di cosa in cui accumuli versi
in stile “flusso di coscienza” e poi li lasci in pace e torni a
tirarne fuori le cose. In quella particolare canzone, gli ultimi
versi sono arrivati per primi. Ecco in che direzione andava sempre la
canzone. Ovviamente, il catalizzatore per la canzone è il titolo. È
uno di quelli in cui scrivi per istinto. Un po' in uno stato di
trance. La maggior parte delle mie canzoni recenti sono così. I
testi sono veri, tangibili, non sono metafore. Le canzoni sembrano
conoscersi e sanno che posso cantarle, vocalmente e ritmicamente. In
un certo senso si scrivono e contano su di me per essere cantate.
TIMES-
Ancora una volta in I
contain moltitudes
fai il nome di
molte persone famose. Cosa ti ha fatto decidere di menzionare Anne
Frank accanto a Indiana Jones?
BD-
La sua storia significa molto. È profonda. E difficile da articolare
o parafrasare, specialmente nella cultura moderna. Tutti hanno un
intervallo di attenzione così breve. Ma stai portando il nome di
Anne fuori contesto, fa parte di una trilogia. Potresti anche
chiedermi “Cosa ti ha fatto decidere di includere Indiana Jones o i
Rolling Stones?”. I nomi stessi non sono mai solitari. È la loro
combinazione che aggiunge qualcosa in più alle loro parti singolari.
Andare troppo nei dettagli è irrilevante. La canzone è come un
dipinto, non puoi vederlo tutto in una volta se sei troppo vicino. I
singoli pezzi sono solo una parte del tutto. I
Contain Multitudes
è più simile alla scrittura in trance. O meglio, non è simile alla
scrittura in trance, ma è scrittura in trance. È il modo in cui mi
sento davvero riguardo alle cose. È la mia identità e non ho
intenzione di metterla in discussione, non sono in grado di farlo.
Ogni linea ha uno scopo particolare. Da qualche parte nell'universo
quei tre nomi devono aver pagato un prezzo per quello che hanno
rappresentato e sono bloccati insieme. E non riesco quasi a spiegarlo
perchè o dove o come, ma questi sono i fatti.
TIMES-
Ma Indiana Jones era un personaggio immaginario?
BD-
Sì, ma la colonna sonora di John Williams lo ha condotto verso la realtà. Senza quella musica non sarebbe stato granché come film. È la
musica che fa vivere Indy. Quindi questo è forse uno dei motivi per
cui è nella canzone. Non lo so poi. Tutti e tre i nomi mi sono
arrivati contemporaneamente.
TIMES-
Un riferimento ai Rolling Stones è presente nella stessa canzone.
Parlando per assurdo, quali canzoni degli Stones avresti voluto
scrivere?
BD-
Oh, non lo so, forse Angie
e Ventilator
Blues.
E cos'altro, fammi pensare... oh sì, Wild
horses.
TIMES-
Charlie Sexton ha iniziato a suonare con te per alcune date nel 1999,
ed è tornato all'ovile nel 2009. Cosa lo rende un musicista così
speciale?
BD- Di me si dice che è come se potessi leggere le menti degli altri. Per quanto riguarda
Charlie, può leggere la mente di chiunque. Charlie, tuttavia, crea
canzoni per conto proprio e le canta, oppure può suonare la chitarra
e guidare una band. Non c'è nessuna delle mie canzoni di cui
Charlie non si senta parte e ha sempre suonato alla grande con me.
False
Prophet
è solo una delle tre cose strutturali a 12 battute di questo disco.
Charlie è magistrale in tutte le nuove canzoni. Non è un chitarrista
esibizionista, anche se può farlo, se lo desidera. È molto moderato
nel suo modo di suonare, ma può essere esplosivo quando vuole
esserlo. È uno stile di gioco classico. Scuola molto vecchia. Abita
dentro una canzone piuttosto che prenderla d'assalto. Lo ha sempre
fatto con me.
TIMES-
Come hai trascorso gli ultimi due mesi di quarantena nella tua casa
di Malibu? Sei stato in grado di saldare o dipingere?
BD-
Sì, un pochino.
TIMES-
Sei in grado di essere musicalmente creativo mentre sei a casa? Suoni
il pianoforte e gli strumenti nel tuo studio privato?
BD-
Lo faccio principalmente nelle camere d'albergo. Una camera d'albergo
è quanto di più vicino a uno studio privato.
TIMES-
Avere praticamente l'Oceano Pacifico in cortile ti aiuta a elaborare la
pandemia del Covid-19 in modo spirituale? Sai, esiste una teoria
chiamata “Mente blu” che crede che vivere vicino all'acqua sia un
toccasana per la salute.
BD-
Sì, ci posso credere. Cold
Water,
Many
rivers to cross,
How
deep is the ocean?,
sento una di quelle canzoni ed è una specie di cura. Non so per
cosa, ma una cura per qualcosa che non so nemmeno di avere. Una
soluzione di qualche tipo. È un qualcosa di spirituale. L'acqua è
una cosa spirituale. Non avevo mai sentito parlare di “Mente blu”
prima d'ora. Potrebbe essere una specie di canzone blues lenta.
Qualcosa che potrebbe aver scritto Van Morrison. Forse l'ha fatto,
chissà.
TIMES-
Peccato che proprio quando la commedia Girl
From the North Country (che avrebbe dovuto presentare la tua musica al pubblico di Broadway) stava iniziando a ottenere recensioni
entusiastiche, la produzione ha dovuto chiudere a causa del Covid.
Hai visto lo spettacolo o lo hai guardato in video?
BD-
Certo, l'ho visto e mi ha colpito. Sono andato a vederlo come
spettatore anonimo, non come qualcuno che avesse davvero qualcosa a
che fare con esso. Non mi sono sforzato, ho lasciato che accadesse.
La commedia mi ha fatto piangere sul finale. Non posso nemmeno dire
il perché. Quando è calato il sipario, sono rimasto sbalordito. Lo
ero davvero. Peccato che Broadway abbia chiuso perché avrei voluto
vederlo di nuovo.
TIMES-
Pensi a questa pandemia in termini quasi biblici? Una piaga che ha
spazzato la terra?
BD-
Penso che il Covid-19 sia il precursore di qualcos'altro a venire. È
sicuramente un'invasione ed è diffusa, ma definirla biblica? Intendi
una specie di segnale di avvertimento per le persone che si pentono
dei loro errori? Ciò implicherebbe che il mondo è in linea per una
sorta di punizione divina. L'arroganza estrema può avere alcune
penalità disastrose. Forse siamo alla vigilia della distruzione.
Esistono numerosi modi per pensare a questo virus. A me piace pensare
che si debba solo lasciargli fare il suo corso.
TIMES-
Tra tutte le tue composizioni, When
I Paint My Masterpiece
è cresciuta, a gusto mio, nel corso degli anni. Cosa te l'ha fatta
riportare in primo piano negli ultimi concerti?
BD-
È cresciuta anche per me. Penso che questa canzone abbia qualcosa a
che fare con il mondo classico, qualcosa che è fuori portata. In un
posto in cui vorresti essere, al di là della tua esperienza.
Qualcosa di così supremo e di prim'ordine che non potresti mai più permetterti di discendere la montagna. Come una prova che hai raggiunto
l'impensabile. Questo è ciò che la canzone cerca di dire e dovresti
metterlo in quel contesto. Nel dire che, anche se dipingi il tuo
capolavoro, cosa farai dopo? Bene, ovviamente devi dipingere un altro
capolavoro. Quindi potrebbe diventare una sorta di ciclo infinito,
una trappola di qualche tipo. La canzone non lo rivela, però.
TIMES-
Alcuni anni fa ti ho visto suonare una versione praticamente
bluegrass di Summer
Days.
Hai mai pensato di registrare un intero album bluegrass?
BD-
Non
ci ho mai pensato. La musica bluegrass è misteriosa e profondamente
radicata e devi quasi nascere suonandola. Solo perché sei un grande
cantante, o un grande questo o quello, non significa che tu possa
stare in una band bluegrass. È quasi come la musica classica. È
armonica e meditativa, ma resta fuori dal mio sangue. Se hai mai
sentito gli Osborne Brothers, sai cosa intendo. È una musica che non
perdona e puoi solo allungarla, portandola così, lontano. Le canzoni dei Beatles
suonate in stile bluegrass non hanno alcun senso. È il repertorio
sbagliato, eppure è stato fatto. Ci sono sicuramente elementi di musica
bluegrass in ciò che suono, in particolare l'intensità e
temi simili. Ma non ho la voce da tenore alto e non affrontiamo armonie
in tre parti o usiamo il banjo di accompagnamento. Ascolto molto Bill
Monroe, ma più o meno mi attengo a ciò che posso fare meglio.
TIMES-
Come va la tua salute? Sembri accordato come un violino. Come riesci
a far lavorare insieme mente e corpo all'unisono?
BD-
Oh, questa è la grande domanda, non è vero? Com'è possibile? La
tua mente e il tuo corpo vanno di pari passo. Ci deve essere una
sorta di accordo. Mi piace pensare alla mente come allo spirito e al
corpo come sostanza. Come si integrano queste due cose, non ne ho
idea., mi sforzo di andare lungo una linea retta e rimanerci. Diciamo
che cerco di mantenermi al mio livello.