venerdì 22 febbraio 2019

Bob Dylan & Grateful Dead, "Dylan & The Dead: Rehearsals 6/1/1987" [Suggestioni uditive]

Quando mi accusano di esagerare, che i Grateful Dead (più di Bob Dylan) son solo una mia "ostica" fissazione, soffro. 
Soffro per tutti quelli che ne hanno ascoltato due pezzi senza capirli. 
Soffro per chi si perita nel dare la colpa alla scarsa linearità dei ritmi, ai troppi tempi e agli altrettanti contro-tempi, al fatto che il cantato non sia quello dei Beatles, di Michael Jackson, di Simon&Garfunkel o de Il Volo e che le storie narrate non siano quelle di cui si occupa, in prevalenza, la musica pop. 
Eppure è vero: come Dylan, i Dead non sono roba per tutti, ma solo per chi, un passo alla volta, sceglie di superare il limite del banale e del prevedibile per andare oltre il senso comune della Musica. Come i sei concerti tenuti in USA nel 1987 dalla formazione Dylan& The Dead abbiano prodotto solo un omonimo, mediocre disco dal vivo e tanto malcontento rimane un mistero, insondabile e paradossale.
Grazie a una recente lettura su Kindle (Jokerman di Clinton Heylin, non il più preciso fra i dylanologi ma sicuramente meno pedante e saccente di Greil Marcus), scopro, dopo tre lustri di inesausta passione, nuovi indizi su quei dodici mesi strani e- come racconta lo stesso Dylan in Chronicles -difficili. Jerry Garcia spiega ad Heylin: "Mentre stavamo lavorando a Dylan & The Dead, vivemmo un'esperienza davvero strana. Andammo a casa sua a Malibu, dove lui aveva sette od otto di questi enormi cani, credo che fossero dei mastini o roba del genere. Appena arrivati, i cani circondarono le mostre auto, e lui venne a prenderci e ci portò in questa enorme casa che sembrava un castello. Sai, un grande caminetto, pareti in legno, un soffitto altissimo. Su un tavolo c'era uno stereo a cassette portatile, di quelli da trentanove dollari, nel quale ficcò la cassetta del disco, la fece andare e quindi disse: <<Non pensate che la voce sia mixata un po' troppo alta in quel brano?>>. Così ce ne restammo lì ad ascoltare quello che sarebbe diventato uno dei nostri dischi che suonava su quell'aggeggio da due soldi, e lui proseguì dicendo che, a suo parere, ci volevano un po' più di bassi". Tutto questo avveniva tempo dopo quelle discusse sei serate, sicuramente in un periodo di fermo contemporaneo o di poco precedente le sessions di Down in the Groove (dove alcuni morti riconoscenti ricomparvero, scortati dal fido paroliere Robert Hunter). Se è vero che Jerry Garcia non fosse legalmente in grado di poter rimettere mano al missaggio dei nastri dell'87 e che nessuno dei Dead avesse alcun potere decisionale sulla tracklist definitiva, è altrettanto sicuro che a Dylan- specie dopo l'inizio del NET (7 giugno 1988) -di quel live importasse davvero poco.
Nel corso del tempo, (pochi) bootleg di scarso valore tecnico e collezionistico hanno serpeggiato in rete senza mai soddisfare nessuno: anzi, alcuni di questi hanno perfino rafforzato la comune ostilità sia dei Deadheads che dei dylaniani nei confronti di questo tour. Personalmente, iniziai a rivedere alcune convinzioni sull'argomento un paio di anni fa, imbattendomi in una John Brown di presunta origine soundboard caricata su YouTube. Poi fu il momento di una devastante Tangled Up in Blue musicalmente già identica a quella della JGB, a cui faceva eco una Drifter's Escape bella e nervosa, col basso di Phil Lesh a fungere praticamente da seconda voce. Tentai di abbattere certi scontati commenti di critica (magari giustificati solo dal fatto che Dylan & The Dead è davvero il peggiore disco live di Dylan) e tramite un bel post di approfondimento sul sito Expectingrain.com mi ritrovai al cospetto del centinaio di titoli suonati e provati in preparazione al tour. Canzoni rare, ricercatissime, roba che Dylan non suonava da una ventina d'anni e che Garcia e Weir, di contro, gli imponevano, loro che con quella musica c'erano cresciuti e che stavano cercando, in quello stesso periodo, di portare il Dead-sound nel futuro.
A riprova che per Dylan il piccolo tour coi Grateful Dead (e non, come indicato da molti, quello più apprezzato e mastodontico con Petty e gli Heartbreakers) fu decisivo tanto nel toccare il fondo quanto nel dare una svolta all'approccio nei confronti della propria arte, è apparso da alcuni giorni un bellissimo e fieramente non-ufficiale bootleg da 1,5 GB (74 file .flac per un totale di 54 canzoni da distribuire su 6 cd) intitolato Dylan & The Dead: Rehearsals 6/1/1987. Si tratta, in prevalenza, di brani ottimamente registrati in quel di San Rafael, California. Perle da sorseggiare piuttosto che da tracannare tutto d'un fiato. Un caso anomalo di box clandestino che fa ordine con parsimonia e intelligenza, senza includere false partenze o scarti sfacciatamente superflui. Ma, soprattutto, che rende partecipe l'ascoltatore del racconto di un uomo in crisi che muove i suoi incerti passi fra una sala prove in affitto e il soundcheck di uno stadio. Dylan & The Dead, nella sua offensiva essenzialità costellata di scelte sbagliate e bassi pesanti, non ha mai restituito l'idea che quei sei concerti avessero rappresentato un nodo tanto cruciale nella vita di Dylan. Il bivio era chiarissimo a lui e anche al suo pubblico: smettere di suonare o andare avanti per sempre (da lì a un anno, non a caso, il NET). Ecco, tutto questo dalle Rehearsals traspare. Sembra quasi di poter vedere Jerry Garcia prendere per mano il suo mito di gioventù e mostrargli la strada che porta al palazzo della Musa divina. La band li segue, aiuta Dylan nel riprendere familiarità con canzoni ormai divenute soggetti estranei al suo intimo d'artista, gli fa riscoprire perle abbandonate lungo il cammino o mai toccate dal vivo. Se la scintilla del performer "a vita" ha avuto un origine, quell'origine è da ricercarsi qua dentro.
I Deadheads avranno già messo le mani su questo bootleg, perché loro per primi riconoscono- a ragione -la maggior parte dei meriti del tour ai Grateful Dead e in tal senso avranno di che godere; ma i dylaniani, o almeno tutti quei dylaniani che ancora si inoltrano nella musica di Dylan con lo spirito di chi legge un un giallo senza soluzione definitiva, dovrebbero ugualmente scaricare e ascoltare tutta questa mole di roba.
Per inciso, The French Girl  è commovente.

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