Motörhead,
Clean Your Clock
(UDR Music, Cd + 1 DVD, 2016)
★★
Se si dovesse dare una definizione del sentimento che pervade la musica dei Motörhead, si potrebbe parlare di "rabbia esistenziale"; una questione all'apparenza facile e ricorrente nella quasi totalità della musica heavy. Tuttavia, una gran quantità di epigoni, figliocci, nipoti e bisnipoti della band di Lemmy si sono bruciati le ali tentando di perseguire quel modello di riferimento e fermandosi soltanto alla buccia, ovvero al lato che concerne gli eccessi alcoolici e sessuali, accompagnati da eguali dosi di droghe e cazzeggio. Ma i Motörhead hanno fatto molto di più. Lemmy aveva recuperato e divulgato, già negli anni Settanta, il linguaggio libero e spezzato del rock&roll di Chuck Berry, Jerry Lee Lewis ed Eddie Cochran- tutti cattivi ragazzi, ribelli per diritto di nascita, ex-galeotti afflitti da vizi di ogni genere -e con quello aveva iniziato ad occuparsi di ogni tema della terra, dalle donne al bere, dalla guerra alla crisi economica. La "rabbia esistenziale" partiva dal singolo ma finiva con l'investire, tramite le canzoni, l'intera collettività. Il senso del mondo, nella loro musica, è andato frammentandosi per decine di canzoni da tre minuti, numerosi album e quarant'anni di onorata carriera. Dicono che nella giornata dei Motörhead un concerto fosse soltanto un impegno in più sull'agenda, ma guardando il DVD che accompagna il nuovo live postumo Clean Your Clock si realizza subito che questa semplificazione poteva valere forse per gli anni d'oro (gli "anni d'oro" dei Motörhead non sono quelli dei Rolling Stones o di Bruce Springsteen e vanno, grossomodo, dal 1975 al 2013) e non di certo per gli ultimi tempi.
Frutto di due serate bavaresi di fine novembre, Clean Your Clock è un progetto apprezzabile su un piano tecnico e sentimentale, ma molto discutibile su quello morale e musicale. Se da una parte è infatti comprensibile la volontà di rendere omaggio al mito (già dalla copertina, molto bella e per la prima volta privata dello Snaggletooth), dall'altra è giusto domandarsi se il modo migliore per farlo fosse pubblicare lo spettacolo di un uomo anziano, visibilmente malato, prossimo alla morte (sarebbe sopraggiunta un mese dopo questi shows) e gravemente compromesso sul piano lavorativo. La macchina ritmica e scenografica è impeccabile, i Motörhead suonano davvero bene, la tracklist è perfetta, forse la migliore scaletta di un loro live, ma Lemmy sta male, nel canto, nel suono, nello spirito e questo nulla può cancellarlo e giustificarlo. Non voglio accusare i produttori della UDR di aver lucrato sul dolore altrui, ma una punta di malignità in questo disco (con accluso DVD arricchito di tre pezzi) io la intravedo. Dei sedici pezzi, tutti o quasi tutti grandi classici del gruppo, non ce ne è mezzo dove la performance di Lemmy non sia irrimediabilmente compromessa dalla malattia. Perfino nelle interviste presenti fra gli extras del DVD si fa enorme fatica a comprendere cosa il cantante dica.
Dicono che sia difficile ricordare i morti, che a volte i ricordi, specie quelli di rockstar famose, si confondano: in effetti, se il mezzo deve essere un disco come questo, è preferibile lasciar perdere commemorazioni, ricordi e tributi. E poi i necro-dischi non mi sono mai piaciuti, sarà perchè ho sempre creduto che chi se ne va se ne va, e nessuno torna più indietro.
Dicono che sia difficile ricordare i morti, che a volte i ricordi, specie quelli di rockstar famose, si confondano: in effetti, se il mezzo deve essere un disco come questo, è preferibile lasciar perdere commemorazioni, ricordi e tributi. E poi i necro-dischi non mi sono mai piaciuti, sarà perchè ho sempre creduto che chi se ne va se ne va, e nessuno torna più indietro.
Nessun commento:
Posta un commento