La sera del 27 aprile 1975 c'era la luna piena e Bob Dylan telefonò a Joan Baez. Voleva sfogarsi, parlarle della burrasca familiare e sentimentale che lo aveva investito per buona parte dell'anno precedente e del divorzio dalla moglie Sara. Ma non solo: le disse che aveva delle nuove canzoni fantastiche, che sarebbe tornato a vivere a New York quanto prima, che avrebbe iniziato ad incidere nell'estate e che aveva sognato una gigantesca carovana di zingari, cowboys e rockers che avrebbe girato in lungo e in largo gli Stati Uniti.
A Joan, sulle prime, sembrava di essere al telefono con un fantasma, poi si sedette e appoggiò la mano sull'apparecchio con su stampato il simbolo della Bell Telephone Company. Le riaffiorarono immagini, sensazioni, ricordi che in quel momento sembravano vecchi anni luce. Chiese a Bob- con una punta di ironia dolceamara -se la stesse chiamando da una cabina telefonica del Midwest, ma lui o non capì, o non volle rispondere. Ne era passato di tempo da quando la Baez, già una stella del folk, presentava quel ventenne timido al fitto pubblico dei club del Village e, nel farlo, lo apostrofava con appellativi sempre diversi: una volta era il "genio che non si lava mai", un'altra "il bizzarro giramondo", e così via. La loro storia d'amore era stata breve, spontanea e importante, vissuta lontano dai riflettori e tenuta il più possibile lontana da sguardi indiscreti.
Mentre Bob continuava a parlare lodando i corsi di pittura del suo ultimo guru Norman Raeben, Joan posò gli occhi sul calendario appeso sulla parete della sua cucina. Erano già passati dieci anni da quando aveva regalato a quel giovanotto "con gli occhi più azzurri delle uova del pettirosso" una coppia di gemelli. Lo stesso giovanotto che, all'epoca, le aveva donato a sua volta qualcosa, anche se in quel momento la sua memoria fece cilecca e non ricordò, con esattezza, cosa. Se lo immaginò comunque in piedi, con le foglie gialle che gli ricadevano ai piedi, la neve sui capelli mossi e un sorriso di amore ardente stampato sul volto. Pensò che entrambi sarebbero potuti morire là e allora, ma fu solo per un attimo, prima di tornare al presente.
Si schiarì la voce e senza far trapelare alcuna emozione chiese se lo spettacolo itinerante che Bob avrebbe voluto intraprendere non fosse soltanto la proiezione di un malinconico sogno, ma lui rispose fermamente che non si trattava di un'operazione-nostalgia. Le suggerì di meditare, poi cadde il silenzio e Joan rimuginò su questa idea. Sapeva che Dylan era estremamente abile sia nel maneggiare le parole che nel restare sul vago. Si guardò indietro e sentì la tempesta avvicinarsi. Altri ricordi avrebbero rischiato di portare solo diamanti e ruggine, e lei aveva già saldato il conto tempo prima. Disse che ci avrebbe pensato e lo salutò.
Al termine della telefonata, vagò per alcuni minuti attraverso le molte camere della sua villa di Zuma Beach e rifinì in salotto, dove estrasse da una pila di vinili un long playing dalla copertina color bordeaux. Era Blood On The Tracks: lo aveva comprato a gennaio, ma era ancora avvolto nel cellophane. Per quattro mesi aveva sofferto di una sorta di inesplicabile repulsione nei confronti di questo album che i più avevano salutato come un nuovo, grandioso capolavoro. Lei che conosceva bene il continente della fantasia da dove provenivano quelle dieci cronache di amori sbocciati e finiti, di rimpianti, di sofferenza e di teso lirismo ne era affascinata e impaurita. La stampa ne aveva parlato come di un disco forte e puramente incentrato sui sentimenti, ma Joan sapeva che depositato su quei solchi, oltre al sangue, c'era ben altro.
A metà di Tangled Up In Blue, si sentì egoisticamente chiamata in causa dal verso in cui Dylan cantava <<Ci dividemmo in una notte buia e triste,/ sapevamo che era la cosa migliore/, Lei si voltò a guardarmi e mi disse "Ci rivedremo sulla strada">>, ma le lacrime, quelle vere, arrivarono su Shelter From The Storm, in cui il protagonista veniva da una vita di fatiche e di stenti e incontrava questa ragazza disposta ad offrirgli un riparo dalla tempesta. Era lei la donna con i bracciali d'argento sui polsi e i fiori nei capelli?
Tolse la puntina prima del finale di Buckets Of Rain. Niente più diamanti o ruggine, niente più semplici scherzi del destino. Per lei, Blood On The Tracks, la musica, l'arte e perfino la vita potevano finire con la voce di Bob che descriveva la Bellezza camminare sul filo del rasoio, dichiarando che un giorno la avrebbe fatta sua.
E che più di tutto avrebbe voluto viaggiare indietro nel tempo, fino al momento in cui Dio e Lei nacquero.