sabato 6 settembre 2014

The Allman Brothers Band, "The 1971 Fillmore East Recordings" [Suggestioni uditive]

The Allman Brothers Band,
The 1971 Fillmore East Recordings (Universal, 2014, 6 Cd+ Book)
★★★★★















"Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire; è un'opera che provoca incessantemente un pluviscolo di discorsi critici su di sè ma continuamente se li scrolla di dosso": così scriveva, su l'Espresso del 28 giugno 1981, Italo Calvino, intento ad invitare gli italiani alla lettura dei grandi classici. Vale lo stesso per la musica? Direi proprio di sì, specie se ci troviamo di fronte all'uscita di quella che è, senza ombra di dubbio, l'edizione (quasi) completa e definitiva di un'opera tanto essenziale quanto leggendaria: sto parlando del cofanetto The 1971 Fillmore East Recordings degli Allman Brothers Band, scrigno del tesoro uscito il 29 luglio per Universal e contenente tutti i concerti del 12 e 13 marzo e del 27 giugno 1971 tenuti dalla band georgiana nello storico locale di New York.
Non conoscere l'originario At Fillmore East (Capricorn, 1971) è un reato culturale non da poco: di fatti, si tratta di un disco di importanza capitale nella storia della musica, famoso per innumerevoli motivi. Ne elenco alcuni: è il primo doppio album live uscito nel mondo; fa parte dei cinquanta dischi scelti per la conservazione nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti; occupa la 49sima posizione nella classifica dei migliori 500 dischi di sempre e la terza in quella dei 100 migliori live di tutti i tempi (entrambe stilate da Rolling Stone); è stato inserito nell'autorevole saggio di Tom Moon 1001 Albums You Must Hear Before You Die (2005); è famoso per avere ottenuto almeno tre ristampe deluxe ufficiali e una miriade di altre non autorizzate. 
Come se non bastasse, questo "dischetto" è opera degli Allman Brothers, che di certo non necessitano di presentazioni: padrini del sottogenere Southern Rock, stregoni di magiche jam in cui rock, blues e jazz vanno mescolandosi sapientemente, musicisti di prim'ordine (è l'unico gruppo che vanta quattro chitarristi ad essere stati presenti, simultaneamente, nella 100 Guitarists Of All Times) che hanno regalato (e continuano a regalare, nonostante i numerosi cambi di formazione e le tragedie che hanno sempre segnato le grandi band "a conduzione familiare" del vecchio Sud) momenti di musica straordinaria a tutto il mondo.
Per l'appunto, si dà il caso che nel box-set preparato e prodotto dal grande Bill Levenson (un'autorità nel campo dell'archivistica e già al lavoro con gli Allman sull'edizione deluxe di Brothers And Sisters uscita nel 2013), trovino spazio esclusivamente canzoni bellissime e mai uguali le une alle altre. Il primo show del 12 marzo, ad esempio, offre materiale del tutto nuovo (Statesboro Blues e una You Don't Love Me di quasi diciassette minuti) e risulta essere un concerto di livello altissimo, ma è con la In Memory Of Elizabeth Reed del secondo cd che già emerge totalmente il genio di Duane Allman. 
Già, Duane Allman, detto Skydog. Quello che spesso risulta soltanto un nome che segue quello di Jimi Hendrix in una famosa classifica di chitarristi. Quello che <<Sì, mi pare di averne sentito parlare ma ora non mi viene in mente nulla di suo...>>. Quello che a diciannove anni era turnista ai Muscle Shoals Studios in Alabama e che è morto a neanche venticinque anni in un incidente motociclistico. Quello che era alla guida della band quando si tennero i concerti al Fillmore East. Quello che, sulla terra come in Paradiso, non conosce rivali, specie se si tratta di suonare con un anello slide attorno al dito. Quello che scrisse e registrò i primi due album degli Allman unendo le lezioni di Muddy Waters e John Coltrane con la musica tradizionale sudista e facendo stare dietro al microfono quell'altro mostro sacro di Gregg, fratello minore. 
Il cd 2 si chiude con due perle (una Whipping Post esagerata di venti minuti e una Hot'Lanta secca ed efficace), e spalanca le porte ai due concerti del 13 marzo: quello pomeridiano (cd 3) fila via che è una bellezza, ma quello serale (cd 4 e cd 5) è roba da far venire i brividi. C'è la superlativa One Way Out (poi confluita in Eat A Peach), una Stormy Monday da urlo, la più bella Whipping Post di sempre, una Mountain Jam "alternativa" e un'esaltante Drunken Hearted Boy, suonata con Elvin Bishop, ospite sopraggiunto sul palco a notte fonda. Il cd 6 ospita un concerto di tre mesi dopo (27 giugno), passato alla storia come evento di chiusura del Fillmore East e già presentato come secondo disco di Eat A Peach- Deluxe Edition (Mercury Records, 2006): bello, piacevole, ancora migliorato nel suono e- almeno per chi scrive -ulteriore novità assoluta che emerge dal box.  
Ascoltare questi concerti, per me ventiquattrenne nel 2014, è semplicemente il massimo. La bellezza delle canzoni, il modo in cui queste vengono suonate, il livello di coinvolgimento a cui Duane, Gregg e tutta la band- nella sua formazione originale -spingono l'ascoltatore appassionato di rock sudista (come il sottoscritto) sono qualcosa di fuori dall'ordinario. Perfino le belle fotografie di Bob Johnson e Twiggs Lindon contenute nel volume "di accompagnamento" testimoniano un momento unico nella carriera della band (per carità, non voglio togliere nulla agli Allman più country capitanati da Dickey Betts o alla formidabile e recente formazione con Warren Hayes e Derek Trucks alle chitarre) e sono in grado di sprigionare una forza espressiva unica. Infine, non ci sono abbastanza parole per lodare il lavoro pluriennale svolto dai tecnici del suono della Universal al fine di regalare al pubblico ore di musica di questo livello. Ogni volta che parte una nuova versione di Trouble No More, sopraggiunge la consapevolezza di trovarsi ad ascoltare la versione migliorata di un capolavoro che, per quarant'anni, non ha mai smesso di essere perfetto, sacro, insuperabile. Fate pure girare sul piatto chi volete,  ascoltate quanti concerti di jam rock vi pare: ritornerete sempre e comunque a queste canzoni e a questa incendiaria miscela southern-rock che non perderà mai la sua forza originaria.

1 commento:

  1. Che dire, ho sentito il disco nel 73 per la prima volta quando avevo 17 anni. Oggi ne ho 58 e in tutti questi anni non me ne sono mai staccato. Sentire le due chitarre (Duane Allman e Dicky Betts) negli assoli di stormy monday è nettare le orecchie di una malato di rock blues.

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