domenica 30 settembre 2012

Nulla di ciò che si spaccia per reale merita rispetto [Schegge di lettura]

Da amante dei comics e studente di sceneggiatura di fumetto, non poteva mancare all'appello delle mie letture Tecniche di masturbazione tra Batman e Robin di Efraim Medina Reyes (1964). La ricerca del volume in biblioteca è stata vana; d'altro canto, mi è stato fatto presente che l'unico libro disponibile di Medina Reyes era C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo
Copertina orribile. Lo so, mai giudicare un libro dalla copertina, ma sarebbe ipocrita dire che l'aspetto formale non influisce sulle nostre scelte. 
Quattro ore dopo lo avevo già divorato.
Si è convinti di leggere un romanzo contemporaneo decadente e volgare oltre ogni limite (la presentazione del pene di Rep, il protagonista, ne è una prova) fino a pagina 14, dove inizia il capitolo Musica dei Sex Pistols. Si capisce così che l'esistenza barbara e caotica di Rep trova un momento di quiete in lunghe digressioni sulla musica e il cinema (Medina Reyes è stato anche regista, con Esercizio dell'anima); ed è qui che cambia anche la scrittura, formalmente più pulita, comprensibile e posata. Dalla quinta parte in poi, il lato "maledetto" e quello "saggistico" si sposano perfettamente, vanno a braccetto come una coppia ideale: la musica entra totalmente nella vita del protagonista (i titoli dei capitoli si alternano fra aforismi sulla vita e i titoli/citazioni delle canzoni dei Nirvana).
Non trattandosi di un libro "palloso" sul disagio giovanile, riesce anche a fornire una chiara immagine della ragazzina media (Carole) affascinata dal suicidio di Cobain. Le adolescenti tristi immerse nelle felpone dei Nirvana non sono tutte delle pazze autolesioniste, nè guardano con fascino al suicidio del loro idolo, anzi: sono angosciate dal suicidio di una rockstar come Kurt Cobain. Il perchè, lo si capisce leggendo a pagina 95:

"L'immagine si congelò e sulle note di Come As You Are iniziarono a scorrere i titoli. Il padre di Carole disse: Ammazzarsi è sbagliato, a Dio non piace chi si sostituisce a Lui. La madre di Carole disse: Gli andava tutto per il meglio, aveva la carriera e una famiglia, perchè l'ha fatto? Carole disse: Si è ammazzato per lo stesso motivo per cui mi ammazzerei io."


Ecco spiegato in tre righe molto semplici quello che Paolo Crepet si domanda da anni analizzando gli adolescenti nel suo studio o scrivendone in libri che davvero avrebbero le carte in regola per portare qualcuno a farla finita.

Il massimo punto di arrivo del libro, lo abbiamo quando Rep (Don Giovanni superdotato che ha avuto la cattiva idea di innamorarsi di una tipa che gli ha spaccato l'anima in due e lo ha pure lasciato) si immagina l'amplesso fra la sua ex e il nuovo fidanzato di lei. Il capitolo Soffro molto al pensiero che non sei morta dura due pagine e mezzo e rappresenta un flusso di coscienza di atroce gelosia e profonda ossessione nei confronti della donna della sua vita, ora intenta a divertirsi con un altro:


"So che in questo preciso mometo se la sta facendo, la sta palpando, le sta aprendo le gambe a 180 gradi, le sta scopando l'anima. So che in questo preciso momento le sta mordendo la punta delle tette, le sta infilando la lingua in bocca, le sta succhiando il sangue e lei non pensa a me, [...] lei gode. [...] So che in questo preciso momento mi sta cancellando del tutto e non si ricorda più di me. Un giorno gli spacco l'anima a quello stronzo, gli spacco il culo, [...] perchè capisca quanto fa male, [...] gli massacro a calci quelle chiappone che si ritrova. [...] Ho perduto lei, ho perduto il senso e il desiderio. [...] Quando ho saputo che l'avevo perduta per sempre sono impazzito. Prima che sia trascorso un secondo sarai morto centomila volte dice un versetto del Corano e io ho dovuto viverlo. [...] Allora, quando ormai era troppo tardi, il mio amore è esploso, il suo amore malato non opponeva resistenza e il mio è andato dritto verso di lei ma lei ormai mi aveva chiuso le porte. E ho dovuto tenermi il mio amore e ci sono state gocce di sangue nel mio silenzio. [...] Visto che chi dovrei uccidere sono io, uccido l'amore. Visto che non ho potuto dire a lei quanto la amo, lo dico al mondo."


In molti chiuderanno il libro, guarderanno la copertina cercando il proprio nome, e non trovandolo si limiteranno a ringraziare Medina Reyes di avere fissato nero su bianco quello che prova in certi momenti terribili chi è uno straordinario regista di film mentali.



sabato 29 settembre 2012

Autunno Bonelliano [Pt.1]: una stagione di fede assoluta

La fede assoluta cui alludo nel titolo del post è quella che ogni rispettabile appassionato di fumetti ripone nella casa editrice prediletta al momento in cui l'estate (sempre più lunga e noiosa) volge al termine, lasciando spazio alla piacevole stagione autunnale. 
Quest'anno, la Sergio Bonelli Editore ha voluto esagerare, e dopo avere rinnovato la collaborazione con il gruppo editoriale L'Espresso per la collezione a colori di Zagor (giunta al numero 33) e avere riconfermato l'arrivo di Dragonero (la serie fantasy di cui si vocifera ormai da un paio di anni) per la primavera 2013, esce in edicola una vera sorpresona: l'Almanacco dell'Avventura 2013, totalmente incentrato sulla figura di Sergio Bonelli e comprendente la  bellissima storia Il re del Sertao (1988) di Mister No riproposta a colori. Ed è proprio a questo "gioiello" che spetta la precedenza nelle recensioni di oggi. 

ALMANACCO DELL'AVVENTURA 2013
Sergio Bonelli Editore
256 pag., colori, 6 €
★★★★★


Il classico volume che non può mancare nella biblioteca del "bonelliano D.O.C.". Non tanto per la riproposizione di una bellissima storia di Mister No a colori, quanto per le restanti pagine dove il lettore entrerà nello studio di Sergio Bonelli, scoprendone i libri, i film, i viaggi, le letture e tante altre passioni. Le stesse passioni che sono state fondamentali nella creazione di Zagor e Mister No e nella conduzione della casa editrice fino al settembre 2011. Un atto d'amore imperdibile. 





DYLAN DOG SPECIAL #26
"VIAGGIO SENZA SPERANZA"
testi: Gualdoni/ disegni: Piccatto
Sergio Bonelli Editore
160 pag., BN, 5,20 €
★★★★


Dalla copertina si potrebbe presagire un ritorno alle magnifiche atmosfere de La strada verso il Nulla (n. 153), ma lo "special 2012" è ancora più cupo e non ha niente a che vedere con quella malinconica e angosciosa storia. Scritto da un Gualdoni in stato di grazia, è il viaggio infernale (un viaggio molto più orfico, che dantesco) di Dylan Dog. Perchè il nostro eroe è all'inferno? Per amore, ovviamente. Carico di citazioni sia negli ambienti che nei personaggi, non conosce mezza pagina debole e trascina il lettore in una sorta di lungo incubo che non solo potrebbe non concludersi a pagina 160, ma potrebbe addirittura durare all'infinito, come suggerisce la splendida copertina di Stano.



DYLAN DOG # 213
"IL CROLLO"
testi: Barbato/ disegni: Freghieri
Sergio Bonelli Editore
98 pag., BN, 2,90 €
★★


Mi piacciono molto le storie di Paola Barbato, ma stavolta proprio non ci siamo: basta giocare con le paure di Dylan Dog (ci ha già pensato Recchioni ne Il giudizio del corvo), basta partire dalla sua claustrofobia per arrivare ad occuparsi dei più grandi mali che affliggono il nostro tempo. Arrivati a pagina 70 si assiste al "crollo" vero e proprio: quello del lettore, annoiato più che mai dall'indagatore dell'incubo che non sa, non ricorda, rimuove ed entra in crisi. Va bene, è il suo carattere: ma qua stiamo veramente esagerando. Ad ogni modo, l'apporto grafico di Freghieri è sempre di ottima qualità.



STORIE DA ALTROVE # 15
"LA DAMA CHE INCANTO' ARSENIO LUPIN"
testi: Recagno/ disegni: Giardo
Sergio Bonelli Editore
164 pag., BN, 5,20 €
★★


Più che un fumetto su "Altrove", è un fumetto su Lupin e Sherlock Holmes che parlano. Parlano, parlano, parlano...e? Fra Londra, Parigi e "Altrove" si snodano le vicende che vedono Lupin rubare oggetti in maniera apparentemente casuale. Il ladro e il poliziotto si incontrano e dicono che alla fine dei conti, bene o male, fanno lo stesso lavoro. E ci volevano 164 pagine per spiegarlo?!

lunedì 17 settembre 2012

Sul fascino dello sceneggiatore di fumetti (e su altre tragedie) [Schegge di lettura]

Sul comodino, attualmente, ho due libri: Una vita di Maupassant (del quale un giorno vorrei scrivere qui sul blog) e Vieniminelcuore di una certa signorina (?) Beltramini. Quest'ultimo è un libro incredibilmente accurato riguardo al sesso (in particolar modo, a quello femminile) e può vantarsi di essere un ottimo manuale di fellatio, acquistabile da ogni donna per diciassette euro. Nel quarto capitolo (a pagina 37 dell'edizione Mondadori "Strade Blu"), tuttavia, l'autrice interrompe il flusso della sua pseudo-autobiografia erotica, ammorbidendosi sia nella forma scritta che nei contenuti. Racconta per la prima volta una tranquilla storia d'amore, vissuta con una persona normale in periodi antecedenti a quelli in cui si svolge il romanzo. Tento di riproporla con qualche taglio.


Il mio ex storico era sceneggiatore. Lo era diventato, in realtà, [...] prima era semplicemente un appassionato, motivo per cui le pareti della sua stanza erano interamente ricoperte di librerie che contenevano solo fumetti. Imbustati. Uno per uno. [...] Pensavo di essermi imbattuta nell'ennesimo sciroccato, questo nello specifico maniaco dell'ordine. Non era così. [...] Uno dei motivi per cui sono così attratta dai nerd è che sono tra le persone più intelligenti, stimolanti e piene di immaginazione che possa capitarvi di incontrare. [...] Sono meravigliosi. E c'è anche un'altra cosa: una volta che ne hai amato uno, diventa veramente difficile tornare indietro. [...] Finirà col mancarti più di quanto credi. L'assenza di una collezione di milletrecento vinili, in una casa, comincerà a sembrarti indice di scarsa passione. [...] Allora, dopo aver tirato più e più volte delle sane capate contro il muro, comincerai a chiederti cos'è che ti manca tanto del dividere la vita con un fumettista. E capirai questo: ogni sceneggiatore, disegnatore, ma anche solo appassionato di fumetti, è stato un tempo un bambino meraviglioso. Un bambino nato con una voglia di vivere che non gli è mai stata nella pelle, con in testa universi che avrebbero fatto impallidire il nostro; senonché a un certo punto, qualcosa è andato storto, e quel bambino meraviglioso, ferito e annoiato dalla vita, ha deciso che piuttosto che adattarsi e diventare come gli altri -in una parola: crescere- tutto sommato gli conveniva separare i due mondi: quello al di fuori, in cui investire il minimo delle energie vitali; e quello nella sua testa, vivo di concetti fulgidamente opposti quali Bene e Male, pullulante di donne dalle tette enormi ma al tempo stesso intelligenti, emozionanti e devote, in cui i nemici sono sempre concreti e agiscono secondo piani razionali, e le decisioni importanti, fatte le debite riflessioni, vengono prese d'impulso, con il coraggio di vincere o perdere. [...] E allora capite che non c'è gara. Perchè quel bambino, chiuso nella pancia del fumettista, aspetta da sempre di incontare la bambina chiusa nella mia; e una volta che quei due matti si sono visti e riconosciuti diventa impossibile tenerli lontani. Che gliene può importare, a loro, se la vita pratica tra i rispettivi involucri è un completo disastro?
Il libro poi prosegue, in maniera non sempre brillante o divertente, ma non importa. 
So solo che questo quarto capitolo mi ha colpito (nessuno ha mai affrontato un simile argomento, o almeno nessuno lo ha mai fatto da questo punto di vista), mi ha fatto tremare le ginocchia per quindici minuti e infine mi ha commosso, perchè la verità, specie se letta su un libro a cui non avresti dato un centesimo, riesce sempre a commuovere.

giovedì 13 settembre 2012

[Recensione] Bella Addormentata


Non ho mai avuto un buon rapporto col cinema di Marco Bellocchio, ma Bella addormentata sono andato a vederlo, sia per il forte interesse che ho sempre nutrito nei confronti dell'argomento eutanasia, sia per una forma di patriottismo culturale: infatti, il film era in concorso a Venezia 2012 e, a detta di molti critici, sembrava avere le carte in regola per strappare il Leone d'Oro ai vari Kim Ki-Duk che da ormai quindici anni sovraffollano qualsiasi festival abbia luogo in Europa. Evidentemente, si sono sbagliati.
Grazie ad una recensione fasulla letta su un quotidiano locale, arrivo in sala convinto che Toni Servillo vesta i panni di Beppino Englaro e che il film sia la cronaca degli ultimi giorni di "vita" di sua figlia Eluana. Ma non è così. Infatti, Servillo è il protagonista di uno dei quattro episodi che procedono parallelamente per tutto il film: il grandissimo attore di Afragola è Uliano Beffardi, un senatore del PDL con un passato da socialista, ateo e vedovo. La moglie, "molto cattolica", è morta pochi anni prima chiedendo proprio al marito di "staccare la spina"; da quel giorno il senatore è malvisto dalla figlia Maria (A. Rohrwacher), indirizzata sulla strada del più bieco fanatisimo cattolico. La rottura fra i due avviene l'8 febbraio 2009, quando il senatore parte per Roma (dove dovrà votare per "salvare Eluana", andando contro ai suoi principi) e Maria per Udine (dove parteciperà al famoso sit-in di fronte alla clinica La Quiete, presso cui Eluana Englaro è ricoverata). Qui la ragazza conosce Roberto, che accompagna lo squilibrato fratello minore; intanto al senato, il padre di Maria entra in crisi, decide di remare contro al partito e prepara un commovente discorso in cui spiega le sue motivazioni, convinto di rassegnare le dimissioni. Eluana muore prima che si voti, Maria e Roberto consumano una strampalata e irreale notte d'amore e Beffardi si dimetterà comunque. Fine?
Magari. Queste sono le due storie centrali, le migliori e le più veritiere. Bellocchio, purtroppo, non si è limitato a mostrare il lato più politico e "intimo" della vicenda: deve infatti inventarsi una storiella noiosissima su una tossicodipendente (una sopravvalutatissima Maya Sansa) e il dottor Pallido (un Riondino ingiustamente sottovalutato), due figure che tormenteranno lo spettatore dall'inizio alla fine del film; poi, non contento, ci trascina nella villa della Divina Madre (Isabelle Huppert), una ex-attrice che tenta di diventare santa per far risvegliare la figlia adolescente da un angoscioso stato vegetativo. Sono proprio queste incursioni forzate (e spesso recitate maldestramente) nella dimensione più tragica (l'attrice fanatica religiosa) o fiabesca (la tossica e il dottrino) della pellicola ad annoiare lo spettatore, convinto di andare a vedere un film che affronti in maniera approfondita un tema civile come l'eutanasia e metta in scena, senza riserve, il Dolore, quello con la "d" maiuscola, quello che personalmente mi aspettavo di trovare fissato sullo schermo. E invece non è successo: e credo che in molti, compresi i giudici del festival del cinema di Venezia, se ne siano accorti e se ne accorgeranno.