Bob Dylan non l'ho mai conosciuto. Me lo immagino come un uomo buono ma incazzoso, affidabile ma lunatico, magnanimo con chi merita magnanimità e cinico con chi merita cinismo. Un santo indiavolato o un diavolo beatificato, a seconda dell'occasione. Insomma, una carogna molto simpatica. Una carogna che oggi compie 77 anni, traguardo che ho pensato di onorare, nel mio piccolo, con uno dei molti aneddoti che potrei snocciolare su di lui. Ma prima un breve e doveroso appunto riguardante un fatto recente: andando a ritroso, credo di aver capito cosa possa stare alla base della mia sconfinata ammirazione per l'artista e la sua opera. Come spesso accade, il merito è di una frase, una frase che gli sentii pronunciare, quando avevo una quindicina di anni, in un film di Martin Scorsese chiamato No Direction Home e che stamani, su Facebook, mi si è ripresentata davanti agli occhi sotto forma di frame:
Certe frazioni di comuni, nella mia mente, rappresentano solo un condensato di umidità e zanzare. Castellina Scalo, lambita marginalmente a est dal torrente Staggia, non fa eccezione. Anche qua, dentro una dépendance posta all'estremità di un colle sovrastante il paese con la sua Coop, il suo circolo ARCI e la sua chiesa fascista, ho perso una grande occasione (ne ho perdute tante nella mia vita, ma questa me la sono persa proprio come un coglione). Margherita, fra una fuga da casa e una tirata di erba, fu fra le prime persone che frequentavo all'epoca ad aver compreso il sapore della musica suonata, vissuta e bevuta come la si dovrebbe sempre suonare, vivere e bere, allo scopo di consumarla sana e conservarla in quel grande hard disk che è il nostro cervello decomponibile. Quel poco che sapeva su Bob Dylan lo aveva imparato dai volumi 4 e 5 della Bootleg Series, retrospettive live che non mancava mai di far risuonare della sua tana improvvisata. La Rolling Thunder Revue mi piaceva fisiologicamente di più, ma ogni tanto dovevo cedere al concerto alla Royal Albert Hall (che in realtà era la Manchester Trade Hall, ma non importa), in particolare al secondo cd, quello dove His Bobness veniva raggiunto dagli Hawks. Il risultato fu che mi persi, per più di un decennio, il primo cd, quello con Dylan da solo: altri suoni, altre parole, altri pensieri partono direttamente dalle casse per raggiungere i vasi sanguigni. Fourth Time Around e Visions of Johanna, rispettivamente cibo per lo stomaco e cibo per la mente. She Belongs to Me, con la lingua tagliente di Bob che sferraglia da sotto i Ray-Ban elargendo pillole di filosofia per la sopravvivenza urbana. Riflessioni che combinano i massimi sistemi con le massime e minime intemperie quotidiane, come accade nella Just Like a Woman finita qua dentro. Una It's All Over Now, Baby Blue in cui lui e lei si rimescolano i ruoli e per quasi sei minuti sembrano condividere il piacere perverso della separazione. Una chilometrica Mr. Tambourine Man in cui Bob offre il meglio e il peggio di sé, mantenendo un atteggiamento tipico di quei giorni in cui l'etilismo scioglilingua e le metamfetamine neanche lo rendevano consapevole di dove finisse il proprio io e iniziasse l’altro. E se è difficile stabilire se la Desolation Row del 1966 sia davvero la migliore mai incisa (quindi, meglio che su Highway 61, meglio delle outtakes col pianoforte e la band, meglio che all'Unplugged di MTV), è chiaro come il sorgere del sole che il modo in cui qua Dylan suona l'armonica non ha eguali, sia su questo pianeta che in pianeti ancora da scoprire.
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