Aspetto
la Festa del Sole, più che la nascita del povero Cristo, che- è
ormai appurato -nacque distante da neve e
gelo. Nessuna stella tremolò sopra il capanno dove la vergine
Maria (guai a dire che la mammina non si chiamasse Maria e il
babbino non fosse tal Giuseppe, di professione falegname) lo
dette alla luce, per non parlare dei re Magi: che fossero tre e
che arrivassero dal buco di culo del mondo è una spicciola
credenza popolare, portata avanti, fra l'altro, da chi non ha
manco mai letto il Vangelo
secondo Matteo. Altrochè
"oro, incenso e mirra"! Fra lavoro, peregrinazioni
limitatamente consumistiche, aperitivi e cenoni trovo il tempo
per mettere il computer a scaricare una versione .flac
di 30 Trips
Around the Sun che,
all'apparenza, sembrerebbe completa, sicura e non
ingannevole. Giga e giga di materiale, oltre 73 ore di
musica, roba che- se il download dovesse
andare in porto -mi fa prefiggere l'ascolto di almeno due
concerti dei Dead alla settimana: una stima fatta, troppo
incautamente, già nel 2015, quando il box fu
pubblicato e
io (manco a dirlo, misero, tapino e sprovvisto di
700 dollari) decisi di reperirlo nelle profondità
del cyberspazio, imbattendomi in cartelle .rar vuote, file .zip
compromessi, sparuti e insufficienti mp3 che, alla fine, mi
dissuasero da proseguire le ricerche. La faccenda parrebbe essere
andata in porto. Ora per potermi avvicinare all'originale manca
solo di masterizzare ottanta cd-r, ricostruire la scatoletta di
legno, decorarla e curare, una a una, trenta
confezioni digipak, dopodichè è fatta.
Approfittiamo della
penultima domenica d'avvento per visitare, a Firenze, mio nonno
paterno, fresco dello spegnimento di ben novantuno candeline. Festa
di compleanno fissata per pranzo. Una cosa ristretta solo a noi, ma
efficace e in grado di allietarlo, lui che- comprensibilmente -tende
a rincorrere pensieri sempre più funesti man mano che l'età si
avvicina senza mai però scadere nel banale rompimento di coglioni.
Guardandolo, posso solo sperare che il sangue non sia acqua: la
testa c'è tutta, l'autonomia di movimento anche. Nel pomeriggio
lo salutiamo e facciamo un giro piacevolissimo in centro.
Molte famiglie, gente paradossalmente e apparentemente felice e
rilassata, qualche coppia con lei impellicciata e siliconata e lui
attempato tronista talmente unto da risultare inagguantabile. C'è
una luce meravigliosa, l'aria è fredda ma piacevole e io
riesco- nel caos dei consumi -a trovare due, tre strenne a
prezzi accessibili: il che mi rende molto contento. Devo dire
che la positività di domenica e, in generale, dei giorni che
precedono l'arrivo effettivo dell'inverno mi accompagna per tutto
l'inizio della settimana. Anni che non capitava.
La
domenica sera a cena, di nuovo, si torna sull'argomento Manuel
Agnelli. "Povero me, povero me!", per dirla col
Ciccio. Questa storia inizia ad assumere
dei contorni onirici:
possibile che chi mi sta vicino non abbia
ancora capito
che a me fanno cacare Agnelli, la sua musica, i suoi capelli
malamente tinti, i libri in cui consiglia la marca che produce
il tubetto di balsamo più adatto per infilarselo in
culo, ciò che rappresenta e il ruolo che svolge? <<Oh,
però- senza offesa, eh -ma te, me e tanti altri, alla fine ad
Agnelli, bisogna lustrargli le scarpe se si parla di musica...>>,
mi sento dire. Ora,
sarà che io non sono un lustrascarpe, sarà che la persona in
questione può permettersi di prendere con me questa e ben altre
confidenze, ma un po' ho rimuginato sulla replica e, alla fine, ho
optato per farmi una risata e abbandonarmi a un perentorio <<E
allora 'fanculo, ti lascio in compagnia di quell'altri!>>. Del
resto, a natale siam tutti più buoni e, deo
gratias, X-Factor sta
per concludersi. Il lato alternativo della giuria perderà tutto
il possibile: trionferanno quella megera della Maionchi e,
con lei, un'idea di "bel canto" tutta italiana,
feroce, reazionaria, terrificante, folkloristica. Io e la mia
amica Martina (che al contrario di me trova fegato e tempo per
seguire quella spazzatura griffata Sky) vorremmo comunque indire
un cocktail
party al
solo scopo di festeggiare la sconfitta di Levante, nemesi che ci
ha accomunati per tutto il 2017. Alla fine ci limiteremo a
un brindisi solitario. Lei mi invia un articolo
molto ben fatto e
io improvviso un discorso forse un po'
contorto, tramite cui cerco di esplicare che il
problema di fondo è che non sussiste più
differenza fra guardare una puntata di Che
tempo che fa, X-
Factor o Dalla
vostra parte.
Tutti e tre
sono programmi "politici"- perchè se la politica non
è tutto, tutto è politica -e da tutti e
tre emerge chiaramente che gli italiani hanno (e guardano) ciò
che meritano.
Negli
stessi giorni, si accende il dibattito su Selvaggia Lucarelli
neo-direttrice della versione digitale di Rolling Stone. Appare
evidente da subito che nessun hater (tutti
dichiaratamente di matrice arrocchettato-metallara) abbia mai letto
l'immonda edizione nostrale di una rivista che già nella madre
patria non è che goda propriamente di grande credibilità. Anzi,
diciamo direttamente che Rolling Stone Italia è paragonabile, come
contenuti, pubblicità e capacità di approfondimento, al tristemente
noto settimanale Cioè. Solo che, in quest'ultimo, l'oggetto degli
articoli sono tormentati e impossibili gossip su
giovani star della
rete e della televisione, mentre nel primo si dovrebbe, in teoria,
leggere di musica, ma si finisce sempre col trovarne poca e mediocre.
In USA possono dire che, seppur per un breve periodo, un Hunter S.
Thompson lo hanno avuto, quando noi ci siamo limitati a Fabio Volo.
E comunque sarà arduo per la Selvaggiona nazionale fare peggio del
suo collega "su carta" Massimo Coppola. Io poi non la amo,
ma nemmeno la odio. Certo, mi fido poco di una che passa da una marca
di carta igienica (Libero) a un'altra (Il Fatto Quotidiano) nel giro
di mezzo governo breve, ma va tutto bene: è il giornalismo, baby!
E ovviamente, come ripeto sempre, Gaber aveva ragione. Il mio unico
appunto, tuttavia, da questo umile e inconsistente spazio, voglio
muoverglielo: Lester Bangs, che in quello da lui ha definito il
peggiore periodo della sua vita ha scritto anche per la rivista che
la Lucarelli- seppur in digitale -sta andando a dirigere"allo
scopo di rendere questo paese più rock",
si chiama "Bangs" e non "Banks". Da una parte,
abbiamo un glorioso e controverso cronista musicale, dall'altra il
capofamiglia del film Mary
Poppins.
Non è la stessa cosa.
Per
fortuna il 21 dicembre arriva il solstizio. E pensare che, dalla notte
dei tempi fino a tutta l'età romana, questa notte- la più lunga
dell'anno -coincideva con la fine dell'anno solare. Poi è arrivato
il cristianesimo a rompere i coglioni e addio ai ritmi naturali! Fatto
sta che mi piace molto questa fase dell'anno, ingiustamente e
sbrigativamente liquidata dai più ("persone facili che non
hanno dubbi mai") triste e deprimente. Al contrario, mi piace
provare a capire- inutilmente, purtroppo -se nevicherà come nel
natale del 1995, o quante luci a intermittenza andranno di pari passo
lungo il mio vialetto e, ovviamente, creare playlist a
tema da regalare agli amici e alle amiche. Usanza vecchia di un
decennio buono. Le primissime che ricordo contenevano, oltre ai miei
consueti cavalli di battaglia dell'epoca (Iron Maiden, Bob Dylan,
Guns N'Roses, Neil Young), molti bei pezzi di artisti non prettamente
radiofonici (Bonnie Raitt, Jackson Browne, i Byrds, Eva Cassidy, i
Doors, ecc.). In anni più intensi di quelli attuali lo scambio del
cd natalizio era d'obbligo e spesso accompagnava ulteriori doni di
carattere letterario, cinematografico e musicale. Oggi
queste playlist vengono
consegnate a una cerchia ristretta di amici e amiche in copia fisica,
oppure mandate via dropbox.
Le canzoni a sfondo prettamente natalizio, in realtà, sono ben
poche, ma la selezione è fra le migliori che mi capita di redigere
nel corso di tutto l'anno solare. Sarà che mi sento sotto una buona
stella, il fuoco della vita arde e mi scuote anche quando la
temperatura scende sottozero, certe immancabili paturnie esistenziali
cadono sotto i colpi di fremiti ancestrali unici, ma arrivare alla
vigilia di natale, anche quest'anno, è un attimo. Niente favolette
su bimbi etiopi con occhi chiari e capelli biondi, niente presepi da
difendere o alberi spelacchiati su cui improvvisare paragoni con
l'amministrazione comunale che li ha installati: solo buon cibo,
belle cose, buona musica e amici che si ritrovano per stringersi gli
uni agli altri. Il che non è banale, vivendo su un pianeta sperduto
nelle profondità dell'universo.
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