Andare al cinema con calma, non trepidante, ma nemmeno disinteressato. Questo è l'approccio che ho mantenuto con Rogue One di Gareth Edwards, una Star Wars Story messa in cantiere da Lucasfilm e Disney in contemporanea con Episodio VII e approdata in sala giusto appunto lo scorso giovedì. Ebbene, non solo non me ne sono pentito, ma penso di avere visto il più bel film di (anche se i puristi propendono per un "legato a") Guerre Stellari girato negli ultimi trent'anni.
L'antefatto con Jyn (Felicity Jones) bambina che si rifugia in una grotta vale da solo il primo tempo de Il risveglio della Forza, mentre tutto il resto ripaga di tutte le cadute, i fan services inutili e le spudoratezze da copia/carbone del film di Abrams. Merito di una sfilza di personaggi meravigliosi, di un plot avvincente e in grado di approfondire una vicenda i cui svolgimenti erano stati dati per scontati : <<Spie ribelli sono riuscite a rubare i piani segreti dell'arma decisiva dell'Impero, la Morte Nera...>>, possiamo sentir dire in Una nuova speranza. <<Benissimo, ma come han fatto?>> è la domanda (mancata, nel '77) a cui Rogue One dà un'esauriente risposta.
La maggiore fetta del merito va sicuramente a Gareth Edwards- regista che mi aveva entusiasmato con Monsters per poi deludermi col suo Godzilla -che restituisce finalmente a Star Wars alcuni dei suoi tratti salienti poco curati da Abrams e completamente scomparsi nei brutti episodi 1, 2 e 3 di Lucas: una fantasia sfrenata che investe tutto, dalle comparse alle ambientazioni, e quel lieve senso di cura artigianale che permea tutta la messinscena di Rogue One.
Opera chiusissima e- com'è giusto che sia -autoconclusiva, Rogue One non è nè prequel, nè spinoff, ma, al massimo, un midquel, per usare un termine mai sentito prima di questi giorni. Ovviamente, entusiasma pensare che questa è soltanto una delle infinite storie sviluppabili dai film "canonici", ma basti pensare alla mole di materiale a cui gli sceneggiatori e i soggettisti possono attingere dopo quarant'anni: solo il cosiddetto Universo Espanso (ovvero quell'enorme continente autorizzato da Lucas ma totalmente curato da terzi comprendente libri, serie tv, fumetti, giocattoli, cartoni animati) ha fatto luce su vicende antiche 36.000 anni rispetto a La minaccia fantasma e si è premurato di raccontare storie della galassia ambientate 134 anni dopo Il ritorno dello Jedi. E se qualche morbido allacciamento alla saga "principale" risulta piacevole e affatto forzato, ben più strano è rivedere luoghi e volti ancorati ai prequels di Lucas (Bail Organa, per citare un personaggio): per carità, una delle tante, sorprendenti stranezze a cui ci abitua Edwards per più di due ore di film e che non fanno altro che venir voglia di chiederne ancora.
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